Non chiederei a una farfalla di vincere contro un uragano. Non aggiungerei ulteriore peso sulle spalle, decisamente già fragili, di chi ne sta portando un altro immensamente grosso. È facile da capire, se si entra nella logica delle guerriere e dei guerrieri, viene da sé che chi perde ha fallito, è stato sconfitto. È pericoloso far entrare nelle nostre teste l’idea di poter essere sconfitti da chi combatte con armi decisamente più potenti, più subdole e invisibili ai nostri occhi. Perché questo pensiero porterebbe con sé frustrazioni e sensi di colpa, magari per la folle idea di non aver lottato abbastanza quando l’unica cosa possibile da fare è sottoporsi a delle terapie. Come non potrà mai dirsi lotta quella tra un bambino che ha in mano una pietra in una strada polverosa e un cecchino ben nascosto su chissà quale tetto di uno dei palazzi intorno. E qui stiamo parlando proprio di un cecchino, che ben nascosto spara dove vuole e può mutare posizione a suo piacimento quando pensiamo di aver capito dove si trova per farlo fuori. Non c’è né vittoria né sconfitta perché non c’è una vera battaglia. Forse se c’è un unico vero combattimento, con guerriere e guerrieri, è quello di chi vede davvero il nemico di fronte agli occhi ma che lo guarda attraverso un microscopio e può trovare un'arma per sconfiggerlo.
Non chiederei a una farfalla di vincere contro un uragano. Cosa direi? Non lo so. Probabilmente niente. L’abbraccerei forte e poi, tenendola per mano, andrei avanti, camminando a testa alta, fischiettando e canticchiando. Nonostante il vento, sperando che aumenti il più lentamente possibile.
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