Mia
figlia ha sempre avuto difficoltà a giocare da sola, chiedeva
continuamente la nostra partecipazione ai suoi giochi. Percepiva i
nostri inviti a fare qualche attività da sola come disinteresse,
distacco se non addirittura abbandono. Non era neanche sufficiente la
presenza nella stessa stanza, voleva la nostra completa attenzione.
Siamo
convinti che la crescita implichi anche una certa autonomia nel
gioco. Giocare da soli non significa giocare “in solitudine”.
Vuol dire che un bambino è in grado di usare la fantasia, di
immaginare in autonomia situazioni nuove e diverse senza bisogno che
un adulto le crei per lui.
Non
è stato facile riuscire a raggiungere con serenità questo
obiettivo. C'è voluto tempo e una strategia a piccoli passi. Il
bambino deve arrivare a capire che nella dinamica di una giornata a
casa è normale rimanere in una stanza da solo a giocare mentre un
genitore è nell'altra a fare qualcosa o, pur rimanendogli vicino, è
occupato. Il piccolo deve aver compreso che l'assenza è solo
momentanea. Alcune volte è sufficiente affacciarsi alla porta per
evidenziare la propria presenza.
Soprattutto,
e qui sta l'elemento vincente, deve riuscire a divertirsi anche
giocando da solo. Quindi, non si può imporre. Deve venire naturale.
Ogni
bambino, inoltre, ha un proprio carattere, proprie attitudini e
propri tempi.
Nella
mia esperienza ci sono attività che favoriscono il gioco in
autonomia. Per mia figlia, tutto quello che implica assemblaggio o
manipolazione. Ultimamente le costruzioni e i puzzle sono in cima
alle sue preferenze.
Abbiamo dei contenitori con pasta e ceci che utilizza
per travasare in piatti e bicchieri di plastica immaginando di fare
la pappa.
Non
le piace colorare da sola, si annoia dopo pochissimo. Quella è
un'attività che preferisce fare insieme a noi.
Le
abbiamo comprato una lavagna (lato gessi/lato pennarelli) ma dopo un
pochi scarabocchi ci chiama per giocare insieme. Ma in questo forse
incide anche il fatto che a me piace disegnare...