domenica 30 giugno 2013

Il gruppo, ovvero il lato oscuro della Forza.

Leggendo il libro appena uscito “Contro i cattivi funziona” non ho potuto non trovare un forte collegamento con le riflessioni che avevo fatto sul tema di giugno di GenitoriCrescono su “Fare gruppo. Appartenere” al quale non avevo trovato il tempo di partecipare nonostante anche Marzia di L'ascia sull'uscio mi avesse invitato a farlo in seguito a un mio commento ad un suo post . Visto che erano cose che ultimamente mi frullavano in testa, che in verità mi frullano in testa da tanti anni, e che vorrei costituissero una delle principali riflessioni da portare avanti con mia figlia, ho deciso di iniziare a scrivere questo post.

Il tema ci riguarda sin da piccoli e ce lo portiamo per tutta la vita, in quasi tutti i suoi aspetti, paradossalmente sia per gli ambienti che frequentiamo che per quelli ai quali non apparteremo: quanto riuscire a sviluppare e far prevalere le nostre caratteristiche, in poche parole la nostra individualità, rispetto alla voglia di essere accettati dagli altri e, quindi, di sentirsi parte di un gruppo.

mercoledì 26 giugno 2013

Pensa globale, agisci locale (per papà)

Vi segnalo MenCare
una Campagna Mondiale per la Paternità 
(A global fatherhood campaign).

Per approfondimenti potete andare al sito
http://www.men-care.org/

domenica 23 giugno 2013

Bye bye nido


Siamo arrivati anche alla fine della fase “asilo nido”, dopo ben due anni. Si cresce, è normale. Si chiude un primo breve ciclo, importantissimo perché ha significato il vero e proprio “debutto in società” di mia figlia. Il confronto con un primo ambiente esterno alla sua famiglia e alla sua casa, con tanti altri bambini, con altri adulti di riferimento, con nuove sfide da affrontare. Il primo ambiente veramente suo, con ritmi, esperienze, amicizie, antipatie, litigi che noi potevano conoscere solo indirettamente. Tutti elementi difficilmente riproducibili al di fuori di questa esperienza che occupava una parte importante della sua giornata ma che doveva necessariamente affiancarsi e mai sostituirsi alla normale vita familiare.    

Ricordo ancora la prima volta che la portammo al nido, noi dovevamo riempire dei fogli e lei faceva esperienza del nuovo ambiente. Era una bella giornata e tutti i bambini erano fuori nel giardino a loro disposizione per le uscite. Sembrava veramente uno scricciolo.
Poi è arrivato l'inserimento. Il primo giorno sarebbe rimasta solo un paio di ore, quando i bambini erano fuori in giardino. Io dovevo rimanere lì per darle sicurezza in un ambiente nuovo e per gestire eventuali momenti critici. Seduto su una panchina guardavo questo mondo per me nuovo, fatto di bambini che cadevano e si rialzavano, bambini che piangevano, nasi che colavano, bambini lanciati su macchinine a tutta velocità lungo il vialetto.
La mia piccola sembrava tranquilla. Si muoveva indagando le novità, soprattutto i giochi.
Ad un certo punto si è avvicinato un bambino. Si è fermato a guardarmi e si è seduto accanto a me. Mi sentivo un po' imbarazzato.
Mi sembrava di essere sulla panchina di Forrest Gump. Avessi avuto una scatola di cioccolatini avrei potuto rompere il ghiaccio.
Ero osservato.
Così mi sono girato verso di lui e gli ho sorriso.
Guardandomi mi ha detto: “Babbo”.
“Che io sappia, no” avrei voluto dirgli ma sicuramente non avrebbe capito la battuta. 

giovedì 20 giugno 2013

Sfogliando una rivista per papà (anzi, for dads)



Come avevo scritto nel mio post dello scorso anno (link), all'estero ci sono riviste dedicate ai papà.  
FQ Magazine - The essential DAD Mag , rivista inglese, mette a disposizione in internet alcuni numeri della rivista.     


Chi è curioso, io sì e l'ho già fatto, potrà dare un'occhiata per vedere di cosa si occupa. 
Anche solo per rinfrescare un po' d'inglese...

Buona lettura al seguente link

martedì 18 giugno 2013

In mezzo ai bambini


Ultimamente mi capita sempre più spesso di trovarmi in mezzo ai bambini. Ad esempio quando vado a prendere mia figlia al prolungamento del nido e sono tutti fuori a giocare. Con qualche bambino ci incontriamo sempre la mattina quando accompagno io la piccola perché coincide con l’orario degli altri genitori. Sono, e siamo, ormai volti conosciuti. C’è quello più portato a piangere la mattina, quello più tranquillo, quello che di solito fa più confusione. Alcuni mi vengono incontro con un giocattolo. Altri non si lasciano distrarre e continuano imperterriti con i loro giochi.

In mezzo a tutti quei bambini il mio sguardo cerca impaziente di incrociare quello di mia figlia. Primo per rassicurarmi, vedendola, e poi per cercare di leggere dalle espressioni del suo viso come è andata la giornata. Ma soprattutto perché quando avviene quel contatto di solito c’è subito dopo una breve corsa e un grande abbraccio. 

Tra tanti bambini, ognuno diverso e speciale a suo modo, tra capelli biondi, rossi, marroni, tra occhi verdi, azzurri e neri, tra sguardi arrabbiati per qualche capriccio e splendidi sorrisi, tra colori chiarissimi e più scuri, tra nasi che colano, briciole ai lati della bocca e qualche residuo di terra sul viso o nelle mani, realizzo che quello che la rende speciale ai miei occhi è solo il fatto che sia mia figlia. Ma non è un fatto di possesso. E' lo stare con lei che me la fa riconoscere tra tanti, mi fa sentire parte di me i suoi gesti e le sue espressioni. C'è un legame invisibile costruito mattoncino dopo mattoncino in tutti questi mesi, dalla sua nascita.
In altre parole, tra le tante rose, è lei la mia rosa.
Come cercava di spiegare la volpe al piccolo Principe
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".

[…]
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
"Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente" , disse.
" Nessuno vi ha addomesticato e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre.
Ma ne ho fatto il mio amico e ne ho fatto per me unica al mondo".
E le rose erano a disagio.
" Voi siete belle, ma siete vuote", disse ancora. " Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei
che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro, Perché è lei che ho riparato col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi (salvo due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato
lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa" E ritornò dalla volpe.
" Addio", disse.
"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa…" sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
" Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare.
Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…"
"Io sono responsabile della mia rosa…." Ripetè il piccolo principe per ricordarselo.
[…]
Da  “Il piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry.

domenica 16 giugno 2013

Delurking ovvero Anche io leggo il blog di un papà (e non me ne vergogno)

Prendo spunto dal post di Squa sul delurking day che si è celebrato il 14 giugno e dal post "Dov'è la voce maschile?"  del blog Labirinti pedagogici che lamenta un'assenza di commenti sul web da parte dei padri quando si parla proprio di paternità. 
I lurker sono tutti quelli che frequentano più o meno assiduamente un blog ma non lasciano traccia del loro passaggio, es. attraverso un commento a un post. Il de-lurking day è il giorno in cui si chiede di dare un segno della proprio presenza.

Così, all'insegna di "anche io leggo il blog di un papà (e non me ne vergogno)" chiedo a tutti i papà (in primis) ma anche a tutte le mamme e, in generale, a chiunque capiti di leggere questo blog di:
  • cliccare su "Mi piace" in FACEBOOK;
  • rimanere collegato con Google+;
  • o lasciare il suo primo commento a un mio post.
Attendo fiducioso...

Anche io farò lo stesso, perché tutti siamo, o siamo stati, lurker  

giovedì 13 giugno 2013

L’insostenibile leggerezza dell’essere… bambini

Alcune volte sembra annoiarsi con tutto, sembra che non ci siano giochi che le interessino, ne prende uno in mano ma lo lascia subito dopo a vantaggio di un altro. Non solo in casa anche fuori. Dopo aver chiesto insistentemente dell’altalena, dopo pochi minuti siamo già verso lo scivolo, per poi chiedere della bicicletta.

Altre volte succede una magia.
Su un muro della sala ad altezza bambino c’è una piccola farfallina, di quelle piccole piccole. Lei la vede e vuole andare lì. Ci sediamo a guardarla. Le faccio vedere che avvicinando un dito la farfallina si sposta. Non scappa, ma basta un suo movimento di pochi centrimetri per stupirla. Così inizia a studiarla. Vuole farla spostare lei e avvicina il ditino. Forse stanca di questo nostro gioco, la farfallina si lancia in un volo più lungo vero il mobile vicino e ci passa vicino. Per qualche secondo non troviamo la sua nuova posizione. Poi mia figlia la indica, l’ha trovata. Il gioco continua.

Mi diverto guardando il suo stupore, i suoi sorrisi quando la facciamo muovere, le sue espressioni buffe sul viso, il suo fingere paura quando vola verso di noi per poi finire con una risata.

lunedì 10 giugno 2013

Abitudini da extraterrestre di mia figlia


Chi, come me, può ormai aspirare a essere solo giovane dentro, si ricorderà sicuramente il telefilm Mork & Mindy nel quale il protagonista, un giovanissimo Robin Williams, interpretava il ruolo di un extraterrestre dalle fattezze umane arrivato sulla Terra dal pianeta Ork.
Una delle sue caratteristiche, a parte uno strano saluto con la mano, era quella di sedersi sulle poltrone a testa in giù.

Probabilmente mia figlia viene da un’altra galassia, non la stessa però, perché adesso prima di sedersi capovolge la sua sedia. Quindi non lei a testa in giù, ma la sua poltroncina di vimini.

E poi qualcuno dice che sono i figli a vedere i genitori come alieni. 

venerdì 7 giugno 2013

Mamme "imperfette" (ma sempre "meno imperfette" dei papà)



Adesso va di moda l'imperfezione dei genitori. Piace, proprio a tutti me compreso, definirsi “genitori imperfetti”, così bravi a esserlo che si rischia di diventare “perfetti genitori imperfetti”
Ci si schernisce quasi per non prendere meriti, per non sembrare troppi bravi con i figli. Si deve far vedere che ci si impegna ma ogni tanto deve mancare qualche risultato. Altrimenti non va bene. Qualcuno potrebbe storcere il naso.

Mi sembra però che in questa autocelebrazione dell’imperfezione tra genitori, emerga che “siamo tutti imperfetti ma qualcuno è, comunque, meno imperfetto degli altri”. 
Guardando la web serie "Una mamma imperfetta" mi è sembrato che, ancorché definite "imperfette", le mamme siano sempre "meno imperfette" di quanto siano i papà.
Sicuramente sul piano narrativo funziona meglio la presenza di questa contrapposizione madri/mogli contro padri/mariti ma forse si finisce troppo negli stereotipi più classici. 
Nella realtà creare questi due fronti contrapposti madri/padri non può che portare poco lontano.  

Fino a che non capiremo che una madre e un padre sono come su una stessa barca con ognuno in mano un solo remo, la navigazione sarà veramente difficoltosa e raggiungere una meta quasi impossibile. 

mercoledì 5 giugno 2013

"Brave Father for a Brave World"


Ho letto l'interessante articolo "Brave New Father for a Brave New World? Fathers as Caregivers in an Evolving European Union" (link) dell'European Law Journal nel quale si parte dalla constatazione che per tanto tempo i padri sono stati del tutto ignorati dalla Comunità Europea.
Al fine di favorire la partecipazione delle donne al mondo del lavoro, e nel tentativo di eliminare discriminazioni di genere, la legislazione europea si è sempre concentrata sulle mamme.
Ultimamente, come novità, l'Europa si sta interessando ai padri. Sta cercando di creare un contesto normativo che agevoli la partecipazione dei papà alla cura dei figli.

Sembra banale dirlo per quanto sia semplice da capire. Le due cose non possono che andare di pari passo. Favorendo la partecipazione attiva dei padri nella vita familiare si ottiene implicitamente di agevolare le madri che vedono così realizzarsi le condizioni affinché i loro compagni possano condividere l'impegno della crescita dei figli, liberando tempo e spazio per loro.
Sarebbe una situazione ottimale per tutti: per le mamme, per i papà e, soprattutto, per i figli

domenica 2 giugno 2013

Siamo passati all’altalena da grandi


Continua la sua istintiva voglia di autonomia, ormai afferma sempre più spesso di “essere grande”. Dall’alto della sua esperienza di quasi 3 anni di vita e con quasi due anni scolastici al nido, non si sente più piccola. Alcune volte, guardando i bambini che ancora non camminano, si gira verso di me e li indica come “lui piccolo”.
In molte occasioni le diciamo che “Se sei grande, ti devi comportare da grande” ma lei, come giusto che sia per questa età, rivendica questo suo non essere piccola solo quando le conviene. Credo proprio che questa frase diventerà quasi un mantra per tutta la sua crescita. Mi sa che la ripeterò molto più spesso quando sarà adolescente.

Così, al parco, l’altalena con le protezioni ha perso drasticamente il suo fascino a favore di quella normale. All’inizio eravamo un po’ titubanti perché richiede che si stia ben saldi con le mani per non cadere all’indietro. Così cercavamo di trovare una giusta distanza, abbastanza lontani da farle sentire che stava facendo tutto da sola senza il nostro aiuto e che le davamo fiducia, abbastanza vicini da poterla recuperare in caso di caduta.
Adesso la vediamo spingersi sicura e ci godiamo, seduti su una panchina, questo nuovo traguardo raggiunto.  

E forse, il metro della “giusta distanza” sarà da utilizzare per il futuro.