Parlando di scuola sento spesso parlare delle difficoltà in matematica giustificandole con il fatto di “non essere portati per la matematica”. Genitori e figli, nessuno si salva da questa specie di mantra negativo. Lo dicono già i bambini alle elementari che non possono che averlo sentito dai grandi intorno a loro. Il danno è già fatto, gli abbiamo già preconfezionato una giustificazione per non impegnarsi in quella materia.
Pensiamoci bene, cosa vuole dire “non essere portati per la matematica?”
Vuol dire non capire subito una spiegazione? Sarebbe troppo facile se capissimo sempre tutto subito alla prima. Sarebbe troppo facile per gli studenti, che non dovrebbero impegnarsi per studiare, e per gli insegnanti, che non dovrebbero impegnarsi nell’insegnamento. Non vorrei che questa storia del non essere portati per la matematica facesse comodo un po’ a tutti.
Non ho mai sentito qualcuno dire che non è portato per la geografia Eppure quanto tempo mi c’è voluto per imparare gli affluenti di quel fiume, le città di quella regione o la divisione delle Alpi. Nessuno mi ha mai detto:” Vabbè, dai, non sei portato per la memoria...”
Credo che ci voglia un patto serio tra studenti ed insegnati: i primi si impegnano ad ascoltare per imparare ed i secondi non mettono limite alle spiegazioni necessarie per far capire un argomento.
Non c’è niente di più bello di vedere qualcuno che si rende conto di aver capito qualcosa. Sembra si accenda una luce nei suoi occhi.
Se, come si dice, “Meglio accendere una candela che maledire l’oscurità” allora potremmo dire che è meglio cercare di accendere quella luce negli occhi degli studenti che maledire o far maledire la matematica.