Un paio di anni fa ho avuto
l’occasione, che si è rivelata poi una fortuna, di fare delle sessioni
personali di coaching. Ammetto che all’inizio ero un po’ sospettoso, lo sono per
natura, ma era una cosa che mi interessava. Tra l’altro in quel periodo avevo
necessità di focalizzare meglio quello che mi stava succedendo e di capirmi di più.
Una delle prime regole è che il
coach non ha risposte e, quindi, non può dartele. Può solo, ma è qui che sta la grandezza, fare in modo che tu possa
trovare le tue risposte.
Fare “coaching” è come andare dall’oculista. Infatti, l’oculista non può modificare la realtà che vedi, o che scegli di vedere, ma può fartela vedere nella maniera migliore, dandoti delle lenti adatte ai tuoi occhi.
Inoltre, il coaching ti fornisce degli strumenti, una specie di zainetto, che tu puoi portare sempre con te e utilizzare in qualunque momento, e per qualunque aspetto, della tua vita. Non riguarda solo la sfera professionale.
Fare “coaching” è come andare dall’oculista. Infatti, l’oculista non può modificare la realtà che vedi, o che scegli di vedere, ma può fartela vedere nella maniera migliore, dandoti delle lenti adatte ai tuoi occhi.
Inoltre, il coaching ti fornisce degli strumenti, una specie di zainetto, che tu puoi portare sempre con te e utilizzare in qualunque momento, e per qualunque aspetto, della tua vita. Non riguarda solo la sfera professionale.
Veniamo a qualche aspetto più
pratico. All’inizio può sembrare banale ma non lo è.
- Come parliamo. Dobbiamo iniziare a sentire quello che diciamo. Alcune volte usiamo delle parole o dei verbi che hanno delle implicazioni particolari. Facciamo un esempio: Se a lavoro dico “Prendo un’ora di permesso perché devo andare alla recita di mia figlia”. Perché ho usato il verbo “dovere”? E’ come se inconsciamente volessi giustificarmi del fatto che mi sto assentando. Invece io sto prendendo un permesso perché voglio vedere la recita di mia figlia, non me la perderei per niente al mondo. Non è la stessa cosa, a livello di consapevolezza. Bisogna iniziare piano piano a sentire quello che diciamo, scopriremo delle cose veramente interessanti su noi stessi. Anche imparare a dire “No” è importante, per cercare di non far gestire agli altri il nostro tempo.
- Cosa vogliamo. Qui la faccenda si complica perché è veramente difficile dirci cosa vogliamo veramente. Questo perché molte volte vogliamo tante cose diverse. Altre volte ci sembra di volere qualcosa solo perché gli altri se lo aspettano da noi. Un buon metodo può essere quello di buttare giù per scritto i nostri obiettivi in ordine di priorità (es. lavoro, famiglia, hobby). Il fatto di scrivere ci costringe a riflettere, ha un altro livello di profondità rispetto a pensarlo e basta. Una volta fatto questo esercizio, dovremmo cercare di comportarci di conseguenza. Per concretizzare, occorre poi definire dei piccoli obiettivi da raggiungere con tempi precisi. Iniziamo scegliendo un obiettivo, e per quello decidiamo. Non essere generici, ma precisi. Ad esempio, dedicare 1 ora la sera 2 giorni alla settimana per una particolare attività che ci interessa. E’ utile per raggiungere quello che ci siamo proposti. Iniziando a ragionare in questo modo, mi rendo conto di essere molto più deciso e determinato nel fare quello che voglio. Non sempre, ma molto di più di prima.
Credo proprio che il “coaching”, nel senso di aiutare a far prendere consapevolezza delle proprie
caratteristiche, dei propri desideri e dei mezzi per raggiungere gli obiettivi
che ci poniamo, dovrebbe essere uno dei compiti, se non il compito, di noi genitori. Sviluppare le
potenzialità dei nostri figli e favorire le loro inclinazioni.
Sono convinto che dovrebbe essere inserito nelle
scuole.
Ultimamente ho trovato una bella frase che ritengo sia molto legata al coaching e che
voglio cercare di tenere sempre in mente. Non solo accompagnando la crescita di mia figlia ma ogni volta
che avrò a che fare con un altro essere umano.
“Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di
arrampicarsi sugli alberi, lui passerà l’intera vita a credersi
stupido.” (Albert Einstein)