C’è chi dice che si
passi la prima parte della vita a cercare di cambiare il mondo e la seconda
parte a tentare di fare in modo che il mondo non cambi noi.
Ricordo chiaramente la mia “prima parte”. Dai tempi delle
scuole elementari con la prima iniziativa di raccolta fondi per l’Unicef, la
tessera del WWF e la conoscenza con un’Associazione dedicata ai “portatori di
handicap”, passando agli approfondimenti su attualità e cultura dei tempi di
trasmissioni tv, all'epoca unica finestra sul mondo, come Mixer di Gianni Minoli, ad un attenzione ai problemi di Paesi
lontani attraverso Associazioni, Riviste e pubblicazioni cosiddette “terzomondiste”.
Certe sensibilità ed interessi derivano un po’ dalla storia
personale di ognuno. Difficile, se non impossibile, cercare di riprodurli a tavolino. Sono convinto,
comunque, che una certa conoscenza sia
necessaria. Ricordo alcuni miei compagni di classe che, al di là dei loro
risultati scolastici, erano completamente estranei a quello che succedeva in
Italia e nel Mondo.
Cerco, quindi, di dare spiegazioni a mia figlia su quello che
succede al di fuori della sua vita, che molto spesso finisce con la porta di
casa o con quella dell’aula della sua classe. Partendo da quello che conosce e
che può interpretare. Perché, neanche troppo lontano, ci sono dei bambini che
non vivono una vita come la sua. Da tanti punti di vista.
In questo gioca un ruolo molto importante la scuola in
termini di apertura e comprensione del mondo. Perché permette di toccare con
mano, al di là di tanti discorsi, situazioni diverse dalla propria. Come il
bambino che ha bisogno dell’insegnante di sostegno, il bambino con un colore
della pelle diverso perché è stato adottato o il bambino che parla poco l’italiano
perché viene da un altro Paese.
A casa, parlando, emergono tante richieste di
spiegazioni, di possibili paure più o meno inconsce. Ci deve essere il tempo e
la voglia di ascoltare i nostri figli, domande dirette o richieste
tra le
righe, per cercare di farli ragionare, dando loro le nostre spiegazioni
della
realtà. Non sono chiacchierate che si fanno una volta per sempre perché
certi temi vanno
elaborati, successivamente affiorano dubbi e nuove domande. Ci sono,
poi, diversi gradi di approfondimento e comprensione legati
all'età. Alcune volte i bambini affrontano problemi gravi
con estrema leggerezza per poi dedicare la massima serietà a quanto
di più leggero ci sia. Così può capitare che per alcuni giorni mia
figlia torni a parlare della guerra, riprendendo un discorso di
tempo prima, capendone la gravità per poi liquidare frettolosamente e
superficialmente chi non ha il cibo dicendo che gli darà le verdure
perché non vuole mangiarle lei. Si sa, sono bambini.
Personalmente credo molto nell'idea dei semi piantati. Vale sempre la pena di farlo, magari non tutti, ma sicuramente qualcuno germoglierà. Perché
non possiamo pensare di lasciare i nostri figli al di fuori del mondo
perché il mondo, prima o poi, verrà a bussare alla loro porta.
C’è chi dice che si
passi la prima parte della vita a cercare di cambiare il mondo e la
seconda parte a tentare di fare in modo che il mondo non cambi noi.
Io
penso che, in realtà, chi ha pensato almeno una volta di cambiare il
mondo non abbandonerà mai quella speranza e, in fondo in fondo, per
quanto piccolo sia il suo contributo tenterà sempre di farlo.