Tra
tutte le attività di cura di una figlia, dal cambio pannolino, al
bagnetto, passando per biberon, pappe e nanna, per le quali sono
convinto che un papà possa,
se vuole, essere bravo quanto una mamma, ce n’è una che veramente può
metterci seriamente in difficoltà: fare una treccia.
E’
un passaggio obbligatorio per chi ha una figlia. E di solito deve
essere fatta in tempi stretti, prima di uscire di casa per andare a
scuola, quando di solito si
hanno i minuti, se non i secondi, contati.
Sei lì. Guardi la testa di tua figlia, e vorresti quasi avere di fronte un marine che si pettina con il rasoio, ma non è così.
Ti
guardi le mani, vedi il pollice opponibile. Migliaia di anni di
evoluzione che sono serviti per scheggiare pietre, fare utensili,
accendere il fuoco. Per un attimo,
fare una treccia ti sembra una delle cose più banali.
Fai
due conti veloci. Hai due mani, le ciocche di capelli sono tre. Ci deve
essere un errore da qualche parte. Sembra uno dei tanti rompicapi che
girano in rete. La
butti sulla matematica. Hai 2 mani e devi intrecciare 3 ciocche? Poi hai
un’illuminazione, come quando a scuola capivi quale era la soluzione di
un problema. In realtà hai 5 dita per mano. Quindi sarebbe un 10 contro
3. Si può fare. Ti sembra di “vincere facile”.
Però
l’occhio ti cade su spazzola e gommino. In realtà dovresti trovare il
modo di pettinare le ciocche prima di iniziare a intrecciarle. E, qui,
inizi a scendere
inevitabilmente nel baratro della depressione.
Perché, per quanto tu
possa impegnarti, per quanto tempo tu possa avere a disposizione, anche
ad un occhio distratto quella apparirà una treccia fatta da un papà.