Ne sento raccontare tante. Di genitori che minimizzano certe difficoltà rifiutando qualsiasi aiuto esterno e negando qualsiasi supporto interno da parte della famiglia.
Dando per scontato che ogni genitore, o almeno la maggioranza, sia in buona fede e voglia il bene dei propri bambini, non posso che attribuire questi comportamenti a mancanza di “strumenti” o di preparazione per capire certe situazioni. E’ forse uno degli esempi attraverso il quale si capisce che l’amore non basta.
In questi casi mi viene sempre spontaneo chiedere come mai non si possa obbligare questi genitori a ricevere aiuto per i loro figli. Con la pazienza di chi la sa più lunga, e che sa per esperienza che la strada più veloce non è quasi mai quella giusta, mi spiegano che ci deve essere sempre il coinvolgimento dei genitori, che è sempre un percorso che deve portare alla loro condivisione.
Sarà vero, ma non sono proprio convinto al cento per cento. Come genitore lo posso capire, non deve esser facile avere qualcuno che ti dice cosa e come fare qualcosa per tuo figlio. Ma con occhi neutrali che guardano quei bambini, non posso che avere almeno un piccolo dubbio che mi gira per la testa.
Poi mi è capitato di vedere le immagini del bambino portato via a forza dalla Polizia davanti alla scuola. Sentire le parole “lei non è nessuno” e “lei non sa chi sono io”.
E quel piccolo dubbio se ne è andato, almeno per adesso.
Forse è semplicemente la solita vecchia storia che per avere i migliori risultati ci vuole tempo. Così, cercare il coinvolgimento dei genitori, ancorché più faticoso e lungo, darà sicuramente frutti migliori.
Il ricorso a un’autorità esterna alla famiglia non può essere “la soluzione”. Probabilmente “una soluzione” ma da lasciare a casi eccezionali.