Approfittando
di un pallido sole che tentava invano di scaldare una fredda domenica
pomeriggio, siamo usciti per fare due passi. Attratti dalle luci di
una giostrina, siamo saliti su un cavallo nero con ben quattro
biglietti in mano. La volta precedente aveva funzionato il sistema di
contare i giri e ricordare prima dell'ultimo che dopo saremmo scesi.
Forse sono metodi usa e getta, nel senso che li usi ma funzionano una
volta sola.
Così
questa volta non ha funzionato e ci siamo dovuti allontanare tra
pianti e urla.
I
pianti e le urla si sono amplificati per mettersi seduti nel
passeggino e sono durati per circa metà percorso.
I
pianti e le urla sono ripresi, forse prima era una specie di
intervallo tra primo e secondo tempo, per entrare in auto e mettersi
nel seggiolino. Una lotta per chiudere le cinture. Anche in questo
caso sono durati una buona porta del ritorno.
I
pianti e le urla sono tornati all'arrivo a casa, per entrare, per
togliersi il giacchetto e per lavarsi le mani. Non serviva parlarne o
spiegarle cosa stavamo per fare.
Poi
siamo saliti nella sua cameretta. Ci siamo seduti sul futon e come
se, seppur senza parlare, ci fossimo chiariti per tutte le precedenti
reciproche incomprensioni, ci siamo fatti un po' di coccole.
Concludendo, prima di scendere per la cena, con un paio di libri
sfogliati insieme nella più totale tranquillità.
E'
difficile capire certi cambiamenti, da manifestazioni estreme di
rabbia a gesti pieni di dolcezza, nella stessa bambina a distanza di
pochi minuti.