Quando
le statistiche entrano nella nostra vita non è quasi mai per qualcosa di positivo. Non parlo della Statistica come materiale, per i tanti che
non amano i numeri, ma delle statistiche come probabilità per noi
del verificarsi di certi eventi.
Ricordo
che la prima volta che le statistiche, e di conseguenza le
probabilità, sono entrate prepotentemente nella mia vita è stato
durante la gravidanza di mia moglie. Tanto da farmi sentire la necessità di rinfrescare la
memoria in internet su questi argomenti. Si trattava dei test che permettono di stimare il rischio di anomalie
cromosomiche nel nascituro. Ricordo che, nonostante le spiegazioni
fornite in ospedale, di fronte al numero indicato rimasi sconcertato.
Non ricordo neanche quale fosse ma ricordo benissimo la sensazione.
Che
significa avere 1 probabilità su 3.000? E’ tanto o è poco? Ti
immagini 3.000 persone, in questo caso bambini, schierati come in
parata. Tra questi c’è quell’uno.
In
realtà non è neanche vero questo. Perché il problema c’è già o
non c’è. E’ solo che la certezza si avrà in un altro momento.
Inoltre, non è neanche vero che dopo 2.999 parti, si verificherà
quella situazione. Non è come avere il numero per fare la fila. E’
una probabilità statistica. La statistica ti dice che 1 volta su 2
dovrebbe uscire testa ma puoi lanciare dieci volte di seguito una
moneta avendo sempre croce.
Più
recentemente le probabilità si sono tristemente riaffacciate attraverso una
persona cara al quale il medico ha detto che “circa l'x% dei
pazienti riesce a farcela”. Diciamo uno su due. Da sperare, se
fossimo in un letto di ospedale con accanto un altro malato, che sia
l’altro ad essere nell'altro y%. Ben sapendo che, in realtà, entrambi
potrebbero alzarsi e continuare la propria vita senza problemi. Ad altri toccherebbe
essere quell’uno su due che non ce l’ha fatta.
C’è
da impazzire.
Perché
noi non siamo statistiche siamo un unico. In realtà per noi è sempre un 1 o uno 0, un
positivo o un negativo, un acceso o uno spento.
Forse
siamo più codice binario di quanto possiamo pensare.
E in bocca al lupo di
cuore a chi deve combattere per quell'x%.
Capisco esattamente quello che dici, è una sensazione tremenda avere a che fare con le statistiche di quel tipo. Mi è capitato più spesso di quanto avrei voluto, con le malattie dei miei genitori e ora con mio figlio. E' dura mantenere salda la speranza quando non sai da che parte della % andrai a finire, perché certi numeri tolgono il fiato.
RispondiEliminaPer fortuna per ora la matematica mi è stata amica, con tanta sofferenza ma ce l'abbiamo fatta, quindi ti accompagno nel fare gli auguri a chi sta ancora combattendo.
Grazie, nella speranza di farci amica la statistica ;)
Elimina