Le vacanze mi fanno riscoprire ogni
volta una nuova dimensione del tempo, che è sempre lì ma che normalmente sembra
sfuggirmi e che vorrei riuscire a trovare anche nel resto dell’anno. Ma sto
imparando.
Parlare del tempo è come voler descrivere
l’acqua quando si è immersi in un fiume, mentre ne parliamo non è più la stessa
di qualche secondo prima. La vediamo scorrere, diamo per scontato che continui
a bagnarci ma non ci rendiamo conto che la corrente potrebbe affievolirsi da un
momento all’altro lasciandoci all’asciutto.
Il tempo non è né galantuomo né porta
consiglio, sono solo detti popolari. Il
tempo passa e se ne frega di noi. Siamo noi a dovergli dare la giusta
importanza.
Ricordo che, circa due estati, fa parlando
con un collega mi lamentavo del fatto che, nonostante le belle giornate estive
più lunghe, tornando a casa mi sembrava che mi rimanesse poco tempo. Come se
stesse chiedendo a qualcuno che si lamenta del buio del perché non accendesse
la luce, quasi banalmente mi domandò perché non riducessi la pausa pranzo, in
questo modo sarei potuto uscire prima ed avrei avuto più tempo a fine giornata.
Lì per lì mi sembrò una soluzione quasi impraticabile. Pensai: “Ridurre la
pausa pranzo? Uscire prima? Ma non lo fa quasi nessuno”.
Da quella chiacchierata passarono giorni,
settimane e mesi prima che poi, effettivamente, accendessi quella luce contro
Il buio del quale mi lamentavo senza fare niente e seguissi quel consiglio.
Il tempo delle vacanze ha una magia unica. Se
durante quei giorni, di solito, lasciamo gli orologi nei cassetti, visto che
per il resto dell’anno questo non è possibile, dovremmo almeno cercare di
renderli più “molli” e meno rigidi del solito.
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