Qualche tempo fa, rimettendo in ordine vecchi scatoloni, mi è capitata sotto mano una vecchia foto in bianco e nero di mio padre che mi tiene in braccio, sullo sfondo un albero di Natale. Avrò avuto al massimo un anno e mezzo. Si trattava di un momento felice, lo capisco dai nostri sguardi. Pur sforzandomi non credo che riuscirei mai a ripescare in me il ricordo di quei momenti. Ci faccio delle fantasie sopra, sembra che mio padre guardi divertito chi lo sta fotografando, probabilmente mia madre.
Considerando che mia figlia avrà poco più di quella età non ho potuto fare a meno di pensare a quanto andrà perduto di tutto quello che facciamo insieme. Al di là di qualche foto o filmino che, comunque, rimanderanno ad un passato lontano, quasi estraneo. Forse è sbagliato proprio questo mio ragionamento. Forse il ricordo non serve per testimoniare che qualcosa è successo. Quel qualcosa fa ormai parte di noi anche se non lo ricordiamo più, è uno delle migliaia di tasselli che sono serviti per arrivare a quello che siamo.
Voglio credere che tutta questa prima parte della vita di mia figlia sia come la costruzione delle fondamenta di una casa. Non sono più visibili e nessuno ci fa più caso, sembra quasi che non ci siano o che qualcuno non ci abbia mai lavorato. In realtà tutta la costruzione non potrebbe stare in piedi e resistere alle forze esterne senza quei piloni piantati nel terreno. Adesso è il momento del lavoro più duro, perché faticoso in sé e perché sotterraneo, ma anche il più importante.
Quella è la parte più dura da digerire per un genitore, l'immenso 'lavoro invisibile' che facciamo tutti i giorni, ma che sai per certo che darà i suoi frutti anche se non saranno lì a farsi ammirare da tutti.
RispondiEliminaQuante fatiche, esperienze; quanti sorrisi o pianti; quanti spaventi e coccole; tantissimo probabilmente non verrà ricordato ma è gia parte di loro e lo vediamo ogni giorno in quello che sono e forse anche in quello che saranno.
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