Ultimamente mi capita sempre più
spesso di trovarmi in mezzo ai bambini. Ad esempio quando vado a prendere mia
figlia al prolungamento del nido e sono tutti fuori a giocare. Con qualche
bambino ci incontriamo sempre la mattina quando accompagno io la piccola perché
coincide con l’orario degli altri genitori. Sono, e siamo, ormai volti
conosciuti. C’è quello più portato a piangere la mattina, quello più
tranquillo, quello che di solito fa più confusione. Alcuni mi vengono incontro
con un giocattolo. Altri non si lasciano distrarre e continuano imperterriti
con i loro giochi.
In mezzo a tutti quei bambini il
mio sguardo cerca impaziente di incrociare quello di mia figlia. Primo per
rassicurarmi, vedendola, e poi per cercare di leggere dalle espressioni del suo
viso come è andata la giornata. Ma soprattutto perché quando avviene quel
contatto di solito c’è subito dopo una breve corsa e un grande abbraccio.
Tra tanti bambini, ognuno diverso
e speciale a suo modo, tra capelli biondi, rossi, marroni, tra occhi verdi,
azzurri e neri, tra sguardi arrabbiati per qualche capriccio e splendidi
sorrisi, tra colori chiarissimi e più scuri, tra nasi che colano, briciole ai
lati della bocca e qualche residuo di terra sul viso o nelle mani, realizzo che
quello che la rende speciale ai miei occhi è solo il fatto che sia mia figlia. Ma non è un fatto di possesso. E' lo stare con lei che me la fa riconoscere tra tanti, mi fa sentire parte
di me i suoi gesti e le sue espressioni. C'è un legame invisibile costruito mattoncino dopo mattoncino in tutti questi mesi, dalla sua nascita.
In altre parole, tra le tante rose, è lei la mia rosa.
Come cercava di spiegare la volpe
al piccolo Principe
"E' il tempo che tu hai
perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
[…]
Il piccolo principe se ne andò
a rivedere le rose.
"Voi non siete per niente
simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente" , disse.
" Nessuno vi ha
addomesticato e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia
volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre.
Ma ne ho fatto il mio amico e
ne ho fatto per me unica al mondo".
E le rose erano a disagio.
" Voi siete belle, ma
siete vuote", disse ancora. " Non si può morire per voi. Certamente,
un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei
sola, è più importante di tutte voi, perché è lei
che ho innaffiata. Perché è lei
che ho messa sotto la campana di vetro, Perché è lei che ho riparato col
paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi (salvo due o tre per le
farfalle). Perché è lei che ho ascoltato
lamentarsi o vantarsi, o anche
qualche volta tacere. Perché è la mia rosa" E ritornò dalla volpe.
" Addio", disse.
"Addio", disse la
volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col
cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
"L'essenziale è invisibile
agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai
perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"E' il tempo che ho
perduto per la mia rosa…" sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
" Gli uomini hanno
dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare.
Tu diventi responsabile per
sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua
rosa…"
"Io sono responsabile
della mia rosa…." Ripetè il piccolo principe per ricordarselo.
[…]
Da “Il piccolo Principe” di Antoine de
Saint-Exupéry.