Ultimamente la cronoca racconta sempre
più spesso di episodi di bullismo dentro e fuori la scuola. Gesti
violenti, ricordando che la violenza non è solo quella fisica,
amplificati dalle potenzialità della tecnologia moderna ormai a
disposizione di tutti e a tutte le età.
Altrettanto spesso, si leggono le
reazioni dei genitori dei cosiddetti bulli che tentano di
giustificare l'accaduto riconducendo certe azioni a semplici scherzi,
ragazzate o bravate. Basterebbe avere a disposizione, e soprattutto
usare, un vocabolario per capire che tali termini non sono
assolutamente sinonimi.
Personalmente credo che sia veramente
molto semplice per tutti capire il discrimine tra uno
scherzo e un atto di violenza.
In uno scherzo si ride insieme, non contro qualcuno. Basterebbe
osservare la reazione di chi ci sta di fronte. E' qui, forse, il
punto veramente difficile: riuscire a guardare gli altri.
Qualche
sera fa, mentre improvvisava un balletto sul parquet, mia figlia ha
fatto uno scivolone. Io le ero di fronte e le ho sorriso per
rassicurarla che non era successo niente di grave.
Lei
ha inteso male, ha corrugato la fronte e mi ha rimproverato.
“Perché
ridi?”
“Non
stavo ridendo, ti stavo sorridendo per farti capire che non è
successo niente.”
“...
perché se ridi, io ci rimango male.”
Eccola.
La semplicissima regola spiegata da una bambina di 4 anni: se
ci rimango male non c'è niente da ridere.
Come il solito, loro insegnano :-)
RispondiEliminaChe bello il tuo disegno! Dovrebbe stare appeso in ogni classe, di ogni ordine e grado.
RispondiEliminaE tua figlia ha già capito il senso di tanti brutti rapporti umani. Possibile che sia così difficile guardarsi attorno? Forse temiamo di vederci allo specchio?