Qualche sera fa mia figlia ha iniziato a
scherzare sulla paura. Ridendo, inventava motivi più o meno strani per non
scendere dal divano, come ad esempio che ci fossero degli squali che ci
giravano intorno come se il pavimento fosse diventato mare.
All’ennesimo “Ho paura…” mi è scattato in testa
quel “Che hai paura della gatta gnuda?” che mi diceva spesso mia nonna.
Avere paura della “gatta gnuda”, cioè nuda in quanto senza la sua pelliccia, è
un modo di dire usato in Toscana per identificare timori di cose inesistenti o
di poco conto.
Quel ricordo ne ha richiamo immediatamente
un altro, come se avesse aperto in automatico un altro cassetto della mia
memoria. Mi è tornata alla mente la favola di “Buchettino” che mi
raccontavano da piccolo. Uno di quei racconti non famosi, legati a un
particolare territorio, e destinati a rimanere in vita solo grazie al fatto di
essere tramandati oralmente tra le diverse generazioni all’interno delle
famiglie.
Non so se abbia senso richiamare favole
vecchie di tanti anni, e specifiche di piccole realtà, in un mondo globalizzato
nel quale i nuovi racconti, specialmente quelli che diventano film di
animazione, sono letti e visti dai bambini di tutto il mondo, trattando
tematiche importanti e attuali come ad esempio l’integrazione tra culture diverse.
Comunque ho voluto fare una piccola
ricerca e ho trovato alcuni libri dedicati alle favole toscane realizzati con
lo scopo di cristallizzare i racconti della tradizione locale fino a quel
momento lasciati alla sola trasmissione orale.
C’è anche la favola di “Buchettino”. Mi
sono accorto, però, che quella della mia memoria presenta alcune lievi
differenze rispetto a quella pubblicata. Così ho pensato di trascrivere la
mia versione della favola di “Buchettino” (la trovate in fondo a questo post) divertendomi a fare qualche illustrazione, rigorosamente sottoposta al
giudizio severo di mia figlia.
Ogni tanto la sera prima di addormentarsi
mia figlia mi chiede di raccontargli le storie di “Buchettino”, un bambino che
con l’ironia e l’astuzia riesce a battere l’orco, e della “Gatta gnuda” che si
aggira nei boschi dopo aver perso la sua pelliccia.
E voi avete una favola della vostra infanzia che volete recuperare dalla memoria
per raccontarla ai vostri figli?
Ho pensato che sarebbe bello condividere con
loro almeno una delle fiabe di quando eravamo bambini noi. Una di quelle che
molto probabilmente non troveranno tra gli albi illustrati di una libreria o di
una biblioteca.
Se ne avete voglia, scrivete un post e
mettete il link tra i miei commenti #unafavoladiquandoerobambino
"Buchettino" (Favola della tradizione toscana)
"Buchettino" (Favola della tradizione toscana)
C'era
una volta un bambino di nome Buchettino.
Un
giorno aveva fame, ma non aveva abbastanza soldi per comprarsi
qualcosa da mangiare.
Allora
gli venne un'idea e pensò:
"Quasi
quasi vado in chiesa, spazzo un po' e magari trovo un soldino."
Spazza,
spazza, spazza e Buchettino trova un soldino.
"Cosa
potrei comprarmi? Delle mele no, perché dovrei buttare via le bucce
e i torsoli. Delle noci no, perché dovrei buttare via i gusci...
Ecco, mi comprerò dei fichi secchi, così non c’è niente da
buttare".
Buchettino
va a comprarsi dei fichi secchi e sale su un albero, perché nessuno
lo disturbi mentre se li mangia.
Un
orco cattivo passa di lì e sente l’odore del bambino:
"Ucci
ucci sento odor di cristianucci, ucci ucci sento odor di
cristianucci, o ce n'è, o ce n'è stati, o ce n'è di
rimpiattati..."
L’orco
lo vede e gli dice:
"Buchettino,
Buchettino, dammi un fichino con il tuo manino".
Buchettino
che aveva paura di essere preso dall’orco gli tira un fico ma il
fico finisce per terra.
L'orco
risponde:
"E’
cascato per terra non posso mangiarlo".
Allora
Buchettino ne tira un altro, l'orco si sposta e gli dice:
"E’
cascato per terra, dammene uno con la tua manina."
Buchettino,
un po' tremante e impaurito, glielo dà con la sua manina, ma l'orco
lo acchiappa e lo mette in un sacco.
Cammina,
cammina, però, ad un certo punto l'orco deve fare la cacca.
Buchettino,
che pensa a scappare, dice all'orco:
"Vai
più là che sento puzzo."
L’orco
si sposta ma Buchettino dice ancora:
“Vai
più là che sento puzzo.”
Così
l'orco si allontana e si accuccia dietro un cespuglio.
Buchettino,
intanto, tira fuori dalla tasca un coltellino e fa un buco nel sacco.
Esce fuori e riempie il sacco di sassi, poi la richiude e scappa.
L'orco
si incammina verso casa dicendo:
"Ma
quanto pesi Buchettino!"
Poi
comincia a chiamare la moglie:
"Moglie
mia, metti al fuoco la pentola. Moglie mia metti al fuoco la pentola,
che ho acchiappato Buchettino".
Quando
l'orco arriva a casa vede la moglie che ha preparato un pentolone di
acqua bollente. Ma quando apre il sacco e lo vuota dentro la pentola,
il peso dei sassi fa uscire di colpo l'acqua che brucia l'orco e sua
moglie.
Nel
frattempo Buchettino era salito sul tetto della casa dell'orco, che
lo vide e gli domandò:
"O
come hai fatto, Buchettino, a salire lassù?"
"Ho
messo piatti sopra piatti, pentole sopra pentole, coperchi sopra
coperchi e sono salito fin qui."
Allora
l'orco prova anche lui a salire e mette pentole sopra pentole, piatti
sopra piatti, coperchi sopra coperchi, ma è troppo pesante,
precipita giù, picchia la testa e muore.
Così
Buchettino può tornare a casa dalla sua mamma e dal suo babbo.
Grazie!A me la raccontava la sorella della mia bisnonna e adesso la raccontero' ai miei alunni!
RispondiEliminaGrazie! Buona lettura a te e buon ascolto ai tuoi alunni :)
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