Alcune
volte, quando accompagno mia figlia, mi capita che all’apertura della porta dell’asilo
mi venga un’irrefrenabile voglia di salutare e riportarla indietro. Dire “Scusate,
ho sbagliato.”, “Ci vediamo alla prossima.”, “Riproviamo domani, sperando di
essere più fortunati.”
Credo
che un buongiorno con un sorriso sia il
minimo previsto dai rapporti umani. Al di là del lavoro che si faccia, dei
pensieri che ci frullino nella testa, dei problemi che si abbiano.
Ricordo
che i miei genitori mi hanno insegnato a salutare le persone, ancorché
sconosciute, che si incrociano lungo le scale. Forse erano altri tempi.
Io
stesso in quel momento sto andando a lavoro, ho mille cose alle quali pensare,
sono di corsa, ma non rinuncio a dare il buongiorno accompagnato da un sorriso a
chi mi sta aprendo una porta, a chi sta accogliendo me e mia figlia, alla
persona con la quale passerà il resto della giornata. Ma, ripeto, penserei lo
stesso se non sapessi chi fosse.
Mi
spiace veramente vedere un’espressione che non trovo altre parole se non definire
quasi di sconforto di prima mattina. E un po’, sono sincero, mi preoccupa.
Anche
se, purtroppo, nelle scuole e negli asili ultimamente si sta attenti a ben
altre cose e un sorriso è veramente l’ultima cosa alla quale prestare
attenzione. O forse, al contrario, parte tutto da lì...
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