In
un prato pieno di genitori, passeggini e bambini di tutte le età mi
passa davanti, incerta nei suoi passi, una bambina. Mi fermo a
guardarla e le sorrido, ha poco meno di mia figlia ma quel poco che
basta per fare la differenza tra movimenti lenti e insicuri e
un'ostentata sicurezza e sprezzo del pericolo.
Indossa
una maglietta bianca con una scritta che mi colpisce: “Ricordati di
essere felice.”
Se
fossi in un film sarebbe un modo originale per dare un messaggio al
protagonista, nella realtà è solo una fortuita coincidenza alla
quale faccio particolarmente caso.
Trovo
che sia un magnifico invito. Sia per quella bambina, per la sua
crescita, che per tutti quelli che potranno leggerlo.
Credo
che il miglior augurio che ogni genitore possa fare ai propri figli
sia quello di essere felici.
Ogni
tanto, però, bisogna ricordarsi di volerlo essere o, almeno, di
cercare di esserlo.
Alcune
volte sembra terribilmente difficile, altre facilissimo. Forse è una
questione solo di un attimo che ci sfiora e che noi ricordiamo come
felice. Forse è quella di mia figlia l'età della felicità, quando
vedo i suoi occhi sorridere dopo aver fatto una capriola sull'erba,
per aver toccato un cavallo o per essere arrivata in fondo allo scivolo di una piscina.
La guardo cercando di immaginarla grande, chiedendomi cosa
le riserverà il futuro. Dovrei godermi questo momento con la mia
famiglia, veramente felice, spensierato, noi tre insieme. Quei momenti felici che ti basta così poco per ridere, una buffa caduta, una musica da bambini che si ripete.
Dovrei godermi quest'atmosfera quasi magica senza pensare ad altro. Forse la felicità
non è fatta di ragionamenti, è meno cerebrale. Ed è in questo che
pecco.
Spero
che sotto questo aspetto mia figlia non mi somigli, che per lei sia
più facile sentirsi felice. Anche se, al contrario, riuscirei a
capirla di più, ci basterebbe uno sguardo. Perché è più semplice
capirsi anche tra chi fa ragionamenti contorti. Nella loro
complessità c'è una semplicità di fondo.
Sarei
sicuramente disposto ad accettare una nostra minore reciproca
comprensione per una sua maggiore felicità.
Perché
alcune volte, al di là dell'amore che lega genitori e figli, può
succedere che ci siano incomprensioni che derivano dall'essere
diversi.
Riflettevo in questi giorni proprio su cosa fosse la felicità. Credo che venga assaporata realmente solo grazie ai nostri figli, ai loro sorrisi e alle loro imprese. La felicità è una chimera, sono attimi e sprazzi di vita. Ambire ad essere felici è come cercare un ago nel pagliaio. Io mi accontento di essere serena :) Buon week and babbo
RispondiEliminaMi aveva fatto riflettere anche il tuo post che iniziava con quell'assurda affermazione fatta dalla persona che ti aveva detto "non saranno mai felici".
EliminaGrazie, buon weekend anche a voi.
Bellissimo post. Ho immaginato il momento: Prato, bimba, maglietta con scritta davvero super. E le tue conclusioni mi trovano pienamente concorde: l'augurio di noi genitori per i figli è che possano essere felici!
RispondiEliminaCredo sia il vero e unico augurio da fare, perché porta con sé tutto il resto.
Eliminabel post! lo sguardo dei bambini a volte trasuda felicità allo stato puro. vorrei non crescessero mai per non perdere quello sguardo. ilaria
RispondiEliminaPossiamo solo cercare di rivederci nello sguardo dei bambini.
EliminaHai parlato di me, di Alex e di ciò che ci unisce e ci separa. E come sempre hai reso perfettamente il mio pensiero. Per tanto tempo ho trascurato la felicità, ora è il mio obiettivo perché ce lo meritiamo.
RispondiEliminaE' facile trascurare la felicità perché è sfuggente, faticosa da ricercare e dura pochi attimi. E poi bisogno iniziare di nuovo da capo. Le altre nostre emozioni forti, di solito quelle meno positive, di solito hanno il sopravvento e si rischia di perderla di vista come obiettivo.
EliminaAnche tra figli e genitori si può finire per concentrarsi più sulle differenze che su quanto ci unisce. E' "colpa" dell'amore per i figli che vorremmo capire di più e queste differenze ci spaventano. Sono da capire anche le reazioni dei figli che possono percepirci diversi e sentirsi poco capiti, al di là del bene che sanno di trovare nei loro genitori.