I papà sono entrati ormai a pieno titolo anche
nelle pubblicità. E non per ironizzare sulla loro presunta incapacità di
affrontare la vita con i figli, è un classico ormai superato il padre
che non riesce a cambiare i pannolini, ma per valorizzarne la figura.
Questo avviene anche per pubblicizzare prodotti tipicamente maschili non
legati al mondo dei bambini, come ad esempio le auto, per i quali si
usano spesso immagini legate al rapporto tra un padre e un figlio. Si va
anche oltre, quindi, al primo periodo dell'arrivo del bambino piccolo
per arrivare all'adolescenza e oltre.
Adesso ci faccio più caso quando vedo passare una pubblicità con protagonista un papà. L'ultima che ho visto è quella di Leroy Merlin che tratta di un padre alle prese con il figlio adolescente. Mi sembra che colga la normale difficoltà di comunicazione tra padri e figli durante l'adolescenza, sicuramente il momento più critico nella crescita, evidenziando l'importanza di “creare” occasioni di contatto e di dialogo all'interno della famiglia. Credo molto nell'efficacia di questo metodo e, nonostante mia figlia sia ancora piccola, cerco di ritagliare spazi che possano favorire un confronto e che consentano di raccontarsi e ascoltarsi. Questo va ben oltre il semplice stare insieme e non si esaurisce con la domanda “Come va?” che di solito è seguita da un laconico “Tutto ok”.
Adesso ci faccio più caso quando vedo passare una pubblicità con protagonista un papà. L'ultima che ho visto è quella di Leroy Merlin che tratta di un padre alle prese con il figlio adolescente. Mi sembra che colga la normale difficoltà di comunicazione tra padri e figli durante l'adolescenza, sicuramente il momento più critico nella crescita, evidenziando l'importanza di “creare” occasioni di contatto e di dialogo all'interno della famiglia. Credo molto nell'efficacia di questo metodo e, nonostante mia figlia sia ancora piccola, cerco di ritagliare spazi che possano favorire un confronto e che consentano di raccontarsi e ascoltarsi. Questo va ben oltre il semplice stare insieme e non si esaurisce con la domanda “Come va?” che di solito è seguita da un laconico “Tutto ok”.
Dopo i primi anni di vita di mia figlia sono arrivato alla conclusione che il “fai-da-te” identifichi proprio il lavoro dei genitori
che al di là dei libri e delle indicazioni dei professionisti,
psicologi o pedagogisti, che si possono leggere e ascoltare, un padre e
una madre devono rimboccarsi le maniche per trovare soluzioni, adattando
qualsiasi consiglio alla propria realtà familiare e prendendo le giuste
misure dei propri figli.
Con mia figlia, che è sempre curiosa
di quello che le accade intorno, mi capita di utilizzare proprio il
“fai-da-te” a casa come una delle tante occasioni per stare insieme.
Come mi vede prendere la cassetta degli attrezzi si propone subito come
aiutante, sia per vedere cosa sto per fare che per avere l’occasione di
usare qualche attrezzo.
Così cerco sempre di trovare qualche
attività sicura da farle fare per premiare questa sua intraprendenza e
per farle sviluppare un po’ di manualità. Può sembrare strano per un
adulto ma anche il semplice girare un cacciavite per un bambino implica
coordinamento, attenzione e precisione. Mi fa piacere vedere la
soddisfazione nei suoi occhi quando riesce a compiere uno dei compiti
che le ho assegnato. Mi sembra che, tra l’altro, si riesca a creare uno
spirito di squadra attraverso il quale impara ad ascoltare le
spiegazioni, capisce che non può fare tutto da sola e inizia ad
apprendere anche ad essere paziente visto che alcune cose necessitano di
un po’ di pratica e non si sanno fare immediatamente.
Nessun commento:
Posta un commento