In spiaggia sento
continue minacce dei genitori per far uscire i bambini dall'acqua. Un
classico. Dopo l'ennesimo “ultimo tuffo e arrivo”, che non è mai
veramente l'ultimo, l'arma utilizzata è quella della prospettiva di un castigo imminente.
“Esci,
altrimenti poi non ti compro il gelato!” per chi punta sull'aspetto
goloso.
“Esci,
altrimenti poi ti senti male” per chi punta sulla salute.
“Esci,
altrimenti poi vedrai” per chi vuole lasciare all'immaginazione dei
figli.
I più disperati
sfruttano la strategia del terrore e arrivano a usare minacce che
suonano terribili solo perché i bambini non sanno che sarebbero
irrealizzabili.
“Esci,
altrimenti torniamo subito a casa!”.
Mi immagino chi
magari ha fatto più di cinque ore di auto, lasciando l'asfalto
bollente della città, per arrivare in una località di mare per le
sue sole due settimane di ferie estive.
Io li sento e rido
sotto i baffi. Quasi quasi vado lì e spiffero la verità ai bambini.
Poi guardo mia
figlia saltare a riva sulle onde, penso che tra poco dovrò dirle che
è ora di venire ad asciugarsi e prevale su tutto la solidarietà tra
genitori.
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