Una delle inevitabili conseguenze di frequentare l’asilo sono le parolacce.
Non so se dipenda dai bambini che hanno i fratelli più grandi o da quelli che le sentono
a casa direttamente dai genitori.
E’ un dato di fatto, i cattivi esempi si
propagano a vista d'occhio tra i bambini. Mi vengono in mente le tessere del domino
messe una accanto all’altra, basta una piccola spintarella per far
partire una reazione a catena su tutte le altre. I buoni esempi, al contrario,
si muovono lentamente. Rispetto alla tesserina del domino, è come voler
spostare uno dei monoliti di Stonehenge.
Mia figlia, ben sapendo già la risposta, ogni
tanto ripete una delle parolacce sentite all’asilo, e mal celando un
sorrisetto, mi chiede: “Ma xxxxx si può dire?”.
In altri momenti della giornata, per il gusto
di ripetere quelle parole che non si dovrebbero dire, ritorna sull’argomento: “Ma
tra xxxxx e yyyyyy, qual è quella più brutta?”.
Non c’è gara, il “Vaffa” vola alla velocità della luce rispetto al pacifico e tranquillo
“Per favore” che cammina senza affannarsi.
C’è solo da sperare nel detto “Chi va piano,
va sano e va lontano…”
Anche qui succede lo stesso, ma quel che è peggio è che quelle imparate all'asilo francese non sempre le so riconoscere!
RispondiEliminaIo ammetto di dirne qualcuna e la grande le ripete per poi subito correggersi "Ah no questa è una brutta parola!" >.<
Invece per favore e grazie bisogna ricordarglieli ogni volta!