Mi piace molto
vedere crescere mia figlia, poter parlare con lei, affrontare i primi
ragionamenti su argomenti da grandi. Su come va il mondo, sulla vita, sui
comportamenti delle persone.
Sono contento di
questo scambio di vedute, che cerco sempre di spostare il piano del
ragionamento. Non “E’ così” o “Si fa così!” ma partendo da un ragionamento,
almeno quello che è il mio, per arrivare a delle conclusioni. E’ sempre, per
fortuna, uno scambio di vedute. Per quanto piccola, arricchisce quello che
cerco di spiegarle, mi incalza con domande quando non sono chiaro o quando non
capisce.
Succede spesso, poi,
che durante momenti particolari della giornata, prima di andare a dormire, a
tavola o mentre la accompagno a scuola, si lasci andare raccontandomi cosa le
succede a scuola, come si comportano lei ed i suoi amici, quello che dici e quello
che fa. E’ un bel momento perché mi apre una piccola finestra sul suo mondo al
quale, altrimenti, non avrei accesso e sul quale non potrei avere parola. Non
sono sempre racconti nei quali lei si comporta bene. Quando succede, me li
racconta con la consapevolezza di non essere interamente dalla parte della ragione. Magari non si è
comportata bene con una compagna di scuola, ha disobbedito alle maestre o ha
fatto qualcosa di nascosto.
Penso che in questi
momenti di confidenza ci sia una sorta di “compromesso
tacito”. Quello di cui hanno bisogno in quel momento sono i nostri riscontri,
non i nostri giudizi o le nostre punizioni. Non credo né nel “genitore
compagno/amico”, che diventa complice delle marachelle del figlio, né nel “genitore
confessore”, che ascolta ed assolve per qualsiasi cosa, né nel “genitore
giudice” che individua il reato e stabilisce una punizione.
Secondo me, in tutti
i casi verremmo meno al nostro ruolo di genitori, in più, nel secondo,
azzereremmo qualsiasi altra possibilità di dialogo in futuro.
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