lunedì 29 ottobre 2012

Il lato oscuro dell’autorità


Da un osservatorio privilegiato, ancorché indiretto, sul mondo della scuola elementare mi rendo conto di quanto pesino sulle spalle dei bambini, e quanto ipotechino il loro futuro, gli errori dei genitori. Le famose “colpe dei padri”, ma sarebbe meglio parlare di “colpe dei genitori”, in termini di incomprensione, di sottovalutazione o di negazione di certe problematiche che inevitabilmente danno luogo a scelte che ricadono sui figli.
 
Ne sento raccontare tante. Di genitori che minimizzano certe difficoltà rifiutando qualsiasi aiuto esterno e negando qualsiasi supporto interno da parte della famiglia.
Dando per scontato che ogni genitore, o almeno la maggioranza, sia in buona fede e voglia il bene dei propri bambini, non posso che attribuire questi comportamenti a mancanza di “strumenti” o di preparazione per capire certe situazioni. E’ forse uno degli esempi attraverso il quale si capisce che l’amore non basta.
In questi casi mi viene sempre spontaneo chiedere come mai non si possa obbligare questi genitori a ricevere aiuto per i loro figli. Con la pazienza di chi la sa più lunga, e che sa per esperienza che la strada più veloce non è quasi mai quella giusta, mi spiegano che ci deve essere sempre il coinvolgimento dei genitori, che è sempre un percorso che deve portare alla loro condivisione.
Sarà vero, ma non sono proprio convinto al cento per cento. Come genitore lo posso capire, non deve esser facile avere qualcuno che ti dice cosa e come fare qualcosa per tuo figlio. Ma con occhi neutrali che guardano quei bambini, non posso che avere almeno un piccolo dubbio che mi gira per la testa.
Poi mi è capitato di vedere le immagini del bambino portato via a forza dalla Polizia davanti alla scuola. Sentire le parole “lei non è nessuno” e “lei non sa chi sono io”.
E quel piccolo dubbio se ne è andato, almeno per adesso.
Forse è semplicemente la solita vecchia storia che per avere i migliori risultati ci vuole tempo. Così, cercare il coinvolgimento dei genitori, ancorché più faticoso e lungo, darà sicuramente frutti migliori.
 
Il ricorso a un’autorità esterna alla famiglia non può essere “la soluzione”. Probabilmente “una soluzione” ma da lasciare a casi eccezionali.

giovedì 25 ottobre 2012

La paura per quei biglietti attaccati alla porta del nido.


Tanti genitori di oggi vivono come moderni acrobati, traballando sul filo teso degli impegni quotidiani e lanciandosi da un trapezio all’altro sperando di aver calcolato bene tempi e distanze. Non c’è rete e non ci sono neanche gli applausi del pubblico.
Così, qualsiasi cosa che faccia traballare il filo o che modifichi il ritmo del trapezio mette in apprensione.
 
Tra queste ci sono sicuramente le comunicazioni attaccate alla porta di ingresso del nido. Dal cancellino al nido c’è un breve vialetto. Ogni volta cerco di capire in anticipo se c’è un nuovo foglio attaccato. Sforzando al massimo la vista. Più mi avvicino, più realizzo la presenza o meno di un problema.
Alcune settimane fa, il fatidico foglietto avvertiva che il giorno dopo l’orario di chiusura del nido sarebbe stato anticipato alle 13 per sciopero. Lasciata mia figlia, chiamo subito mia moglie per darle la notizia ed organizzarci.
La settimana dopo leggo sul giornale di un altro sciopero. Questa volta gioco di anticipo. Chiedo, per avere il tempo di organizzarmi. Ancora non si sa niente. Poi una delle mattine seguenti, sempre lungo il solito vialetto, adocchio un foglio alla porta. Ho un attimo di esitazione, poi proseguo. Avvicinandomi riesco a focalizzare il testo, non subito. Tiro un sospiro di sollievo. E’ solo la comunicazione per l’entrata in vigore del menù invernale. Mai l’arrivo dell’inverno fu così ben accetto.
So già che ci saranno altri fogli alla porta. Lo so per l’esperienza dello scorso anno. Come gli avvertimenti per i casi di malattie infettive. E subito a fare gli scongiuri.
 
Ricorderò per sempre la prima comunicazione sulla porta del nido: Si è verificato un caso di “mani e piedi”. “Eeeeeeeeehhhhhhhhhhhh?!?!?!!?” Pensai: “Di che caspita si tratta?”

lunedì 22 ottobre 2012

Via i bambini dalla televisione, sia “davanti” che “dentro”.


E’ vero che non bisogna confondere la forma, o mezzo, con il contenuto ma ho anche imparato che la forma, o il mezzo, può anche essere parte del contenuto stesso.
Si potrebbe dire che se è vero che contano le parole, come contenuto, sono altrettanto importanti il tono e il mezzo usato per esprimerle (a voce, al telefono, per scritto, ecc.).
Credo che lo stesso valga per la televisione, in quanto mezzo. Anche se è vero che c’è un grande differenza tra vedere SuperQuark e Il grande fratello, il mezzo entra in gioco in maniera preponderante e diventa anche un po’ contenuto.
Per quanto riguarda i bambini, credo che il binomio bambini e televisione sia tra quelli che accendono di più la discussione.
Io distinguerei tra bambini “davanti” e bambini “dentro”.
 
Per quanto riguarda i bambini “davanti”, sono convinto che, specialmente per i più piccoli, sia da ridurre al minimo l’uso della televisione cercando di selezionare accuratamente i contenuti. Sulla base dell’esperienza con mia figlia ho notato un fenomeno preoccupante: se accendi la tv, si spegne il bambino.
Mi ricordo che una volta su un muro ho letto la scritta “Spegnete la tv e accendete il cervello!”.
Vedo che accendendo la tv mia figlia sembra letteralmente rapita dalle immagini. Abituato a vederla in movimento, curiosa e con lo sguardo vispo mi sento quasi sgomento nel vedere i suoi occhi quasi spenti. Mi siedo accanto a lei e cerco di interagire, parlando e commentando le immagini. Ma allora non è meglio un gioco? Anche quando è da sola a fare qualche gioco la vedo molto più attiva.
Quindi, senza demonizzare un mezzo così potente, e proprio per questo da gestire con cautela, credo che sia salutare ridurne l’utilizzo il più possibile. 
 
Sui bambini “dentro” la televisione, mi permetto di essere veramente intollerante fino a dire “Via i programmi con i bambini dalla televisione”. Sinceramente non riesco a sopportare quei programmi serali con i bambini che cantano. Mi sembrano veramente delle scimmiette ammaestrate “a fare gli adulti” ad uso e consumo degli adulti. In particolare per i genitori con lacrima facile che si sbracciano tra il pubblico.
Perché i bambini dovrebbero fare i bambini. Avranno tempo per essere adulti, non c’è bisogno di bruciare le tappe. 
 
La prossima volta che penserete a qualcosa per i vostri bambini, chiedetevi per chi lo state facendo. Guardare la televisione è solo un "parcheggio" affinché i genitori possano stare un po’ in pace? Far partecipare i propri figli a certi programmi permette ai genitori di avere visibilità e potrebbe fare loro guadagnare dei soldi?
Se la risposta è “lo sto facendo per i miei figli”, allora possiamo andare avanti.

venerdì 19 ottobre 2012

Bei caratterini crescono.


Un paio di sera fa sono andato a prendere mia figlia al prolungamento del nido. La struttura ha delle vetrate e di solito, mentre mi avvicino al cancello, cerco di guardare dentro per vedere i suoi comportamenti e come interagisce con i compagni. La vedo seduta con la schiena appoggiata al vetro. Poco distante alcuni bambini che giocano. Mi sembra una situazione strana, mi domando cosa sia successo.
Entro ed una delle maestre mi dice che mia figlia è in punizione perché aveva dato un giocattolo in testa ad un’altra bambina. Il tempo di rassicurarmi dicendo che il giocattolo era di plastica e vedo con la coda dell’occhio arrivare mia figlia di corsa. Si lancia letteralmente verso di me e si tiene abbracciata con tutta la forza. La testa poggiata sulla mia spalla. Io cerco di tranquillizzarla. Le accarezzo la schiena e i capelli. Cerco di parlarle ma lei non si sposta di un millimetro. Mi muovo leggermente quasi a cullarla. Lei è ancora ferma. Non sento neanche il movimento del suo respiro. Mi sembra quasi la liberazione di un ostaggio dopo mesi di prigionia.
Continuo a parlarle cercando di coinvolgerla. Dopo qualche minuto alza la testa e mi guarda.
Le dico che adesso possiamo andare a casa, giusto il tempo di mettersi le scarpe. E’ più tranquilla rispetto alle sue solite uscite, normalmente prima di mettersi le scarpe prova a scappare in tutte le direzioni.
La prendo per mano e prima di uscire, davanti alla porta, le dico di salutare la maestra. Lei la guarda fissa, quasi a sfidarla. Sembra offesa per essere stata ripresa per il suo comportamento. Non dice niente. Poi si gira per aprire la porta e andare via.
Saluto la maestra con un sorriso e usciamo.
Se, come si dice, "il buon giorno si vede dal mattino", mi sa proprio che mia figlia avrà un bel caratterino.

mercoledì 17 ottobre 2012

Il “terzo occhio”


Dopo aver sentito dire molte volte che con l'arrivo dei figli cambiano tutte le prospettive, scopro di aver sviluppato, lentamente dalla nascita di mia figlia, una specie di “terzo occhio” (o “occhio del babbo”).
Questo nuovo occhio mi porta a concentrare l'attenzione su specifici particolari facendomi tradurre situazioni che vivo, direttamente o indirettamente, o che semplicemente vedo, pensando a mia figlia. E non solo nella sua età attuale, di poco più di due anni, ma soprattutto nella sua prospettiva di crescita.
Immagino che sia una capacità che inizia timidamente ma che è destinata ad evolvere diventando sempre più accurata.
Me ne sono reso conto proprio un paio di giorni fa quando, camminando per strada, sono passato vicino alla stazione dei bus dove aspettano i ragazzi e le ragazze appena usciti da scuola. Mi sono trovato inconsciamente a cercare di analizzare comportamenti, atteggiamenti e abbligliamento. 
Spero proprio che questo nuovo occhio non tradisca il mio cercare di andare al di là delle apparenze e che mi consenta di vedere oltre la superficie dei modi di fare tipici delle diverse fasi che si trova ad affrontare ogni ragazzo.
Mia figlia ha solo due anni ma, si sa, i figli crescono velocemente. E bene iniziare ad allenarsi da subito, non vorrei trovarmi in un batter d'occhio a criticare, proprio io ex capellone, il taglio di capelli dei suoi amici o di quello strano, ai miei occhi, modo di vestire.

E poi perché mai, devo ammetterlo, lo spauracchio di ogni (?) padre, anche di quelli come me che pensano di essere "moderni" anche se forse solo "modernariato",  è sempre il fidanzato della figlia? Ma questo merita un post dedicato. 

domenica 14 ottobre 2012

Avere figli aguzza l'ingegno


E' da qualche bagnetto che mia figlia ha iniziato a non voler più entrare volentieri nella doccia. Non serve farle portare qualche giocattolo o uno dei suoi animaletti preferiti. Sta diventando veramente una fatica per tutti. Qualsiasi preparativo sembra aver perso il suo fascino, prendere l'accappatoio, i prodotti e la spugna. 
L'altra sera avevamo deciso che era il momento di fare il bagnetto. 
Abbiamo iniziato a dirle che stava per fare la doccia, mimando con la mano sulla testa il getto dell'acqua. Lei si è fatta subito scura in volto, ha iniziato a dire "No, no" e si è nascosta dietro il lettino.
Noi ci siamo guardati avviliti. Vorremmo che il momento del bagnetto fosse per lei qualcosa di piacevole, non dico di divertente ma neanche qualcosa di terribile da cui scappare. 
Niente sembrava convincerla, neanche ad entrare in bagno per togliersi i vestiti.      
Ci voleva una novità. Qualcosa di nuovo per il bagnetto. Ma cosa inventare?
 
L'idea è venuta all'improvviso.
Mi sono ricordato di avere in un cassetto delle copertine di plastica colorata usate anni prima per qualche tesina. Sono sceso velocemente. Ho preso un paio di forbici e ho ritagliato grossolanamente un paio di pesci, uno rosso ed uno blu. Semplicemente bagnando un lato si sarebbero attaccati alle pareti trasparenti della doccia.
In pochi minuti sono tornato in camerina. Quei pesci riuscivano a catturare l'attenzione di mia figlia. Li ho messi dalla parte interna della doccia. Sembrava quasi di entrare in un acquario. Non appena ha capito che poteva entrare nella doccia per muoverli, staccarli e riattaccarli non si è fatta più pregare. Il tempo di spogliarsi e via al bagnetto.
Chissà per quanti bagnetti durerà il gioco dei due pesci. Magari potrò sfruttare l'idea per fare altre forme. Comunque, almeno questo bagnetto è andato.

 
Ma quante se ne devono inventare i genitori?

lunedì 8 ottobre 2012

Le vite degli altri


Ricordo che avevamo saputo che stavamo aspettando un figlio da pochi giorni. Poi una notte un malore improvviso mi obbligò a chiamare il pronto intervento, mia moglie stava male.
Ricordo che era inverno, mi tolsi velocemente il pigiama e mi misi addosso i primi vestiti che trovai. Facevo la spola tra il nostro letto e la finestra per vedere arrivare l’ambulanza ed andare ad aprire la porta.
Ricordo l’arrivo delle persone. Spiegai brevemente la situazione. La visitarono e decisero di portarla in ospedale.
Ricordo che mi avvicinai al medico per chiedere spiegazioni su quale fosse il problema. Mi guardò e mi disse che si trattava di un aborto spontaneo. Parole che rappresentavano una sentenza senza appello. Mi disse che sono cose che succedono.
Ricordo che aveva la barba. Chissà perché. Ma ricordo che aveva la barba. Caricarono mia moglie sulla barella.
Ricordo che il giorno prima c’era stata una spruzzata di neve e non avevo pensato di pulire le scale davanti al portone.
Ricordo che dopo aver chiuso la porta di casa vidi le impronte degli scarponi nell’ingresso, la neve si era trasformata in acqua.
Ricordo che mentre guidavo con la mia macchina verso il pronto soccorso, pochi minuti dopo la partenza dell’ambulanza, pensavo alle parole del medico. Perentorie. Ero infreddolito. Nel tragitto il mio pensiero era per mia moglie, probabilmente era già arrivata in ospedale. Forse le avevano già detto qualcosa.
Ricordo ancora bene quella notte.
Nonostante siano passati quasi tre anni e mia figlia sia con noi nonostante le parole di quel medico.
E’ strano il modo in cui i ricordi si fissino nella nostra mente.
Ricordo quella persona che è entrata nella mia vita solo dieci minuti. Mi chiedo che bisogno ci fosse di quelle parole così sicure. Non un attimo di esitazione. 
 
Quante vite incrociamo tutti i giorni, anche solo per poco tempo. Credo che quando entriamo nella vita degli altri dovremmo farlo in punta di piedi. Non sempre sarà facile e non sempre ci riusciremo. Ma almeno dovremmo darcelo come obiettivo.
Cerco di ricordamelo. Quando sono di fretta e vedo qualcuno in fila davanti a me che si dilunga a chiedere per l’ennesima volta spiegazioni alla commessa, frenando l’istinto di palesare la mia impazienza. Quando mi trovo in situazioni che tirerebbero fuori il peggio di me. Quando penso che molte volte usiamo parole senza pensare all’effetto che avranno sugli altri.
Tanto più adesso che ho una figlia.

sabato 6 ottobre 2012

La libreria di BABBOnline è su aNobii

 
Ogni tanto ho ricevuto richieste di consigli su letture relative alla paternità, così ho pensato di mettere la libreria di BABBOnline su aNobii.

A disposizione per tutti quelli che vorranno dare un'occhiata alle mie letture e, soprattutto, per tutti quelli che vorranno condividere la propria libreria.






mercoledì 3 ottobre 2012

Siamo nella cacca. Ovvero “Houston abbiamo un problema!”


Nel periodo del cosiddetto “spannolinamento”, nel quale si cerca di favorire il passaggio all’uso del vasino, di solito si accoglie l’arrivo della pipì e della popò con lodi smisurate. C’è anche una scala di preferenze, in assoluto la cacca nel vasino viene accolta con maggior entusiasmo. Fa più effetto. Applausi, congratulazioni, quasi commozione da parte dei genitori. Neanche fosse una festa di laurea o la serata degli Oscar. Ma si sa, ogni età ha i suoi traguardi. Ed è giusto festeggiare.
Addirittura, per rendere più gradevole questo momento, il bagno di casa si trasforma. Di solito il vasino non è mai da solo, neanche facesse tristezza. Nel nostro caso, davanti al vasino abbiamo messo un piccolo sgabello, che normalmente serve per avvicinarsi al lavandino, sopra il quale ci sono due o tre librini. Pensandoci bene è come se un adulto avesse in bagno una scrivania per leggere meglio il giornale. Ma si sa, si fa di tutto per agevolare certi momenti.
 
L’altro giorno mi sono reso conto che la gioia della cacca svanisce velocemente. Nel bel mezzo dei festeggiamenti per aver ricevuto in dono da mia figlia la popò nel suo vasino, mi sono trovato con il vasino tra le mani guardando quella cosa marrone con all’improvviso una domanda agghiacciante. E adesso come si toglie? Con la pipì è semplicissimo, basta versare il contenuto. Con la cacca tutto si complica.
Tra l’altro, mentre stavo ancora guardando la sua popò, mia figlia continuava a dire “Cacca, cacca”. Perché, per non rendere tutto troppo semplice, tra una popò e l’altra il vasino deve essere pulito. Al momento siamo arrivati a tre popò consecutive, con due pulizie intermedie ed una finale.
Mentre con della carta igienica mi muovevo con la delicatezza di chi sta disinnescando una bomba, e con la precisione necessaria per quei giochi del Luna Park che hanno un braccio meccanico con il quale cercare di prendere dei pupazzi, mi è venuta un’idea. Perché non avere un vasino che preveda la possibilità di inserire in fondo una specie di sacchetto di plastica usa e getta? Non mi sembra che ci sia già qualcosa del genere in circolazione.
La mia gratitudine, anche se a posteriori, a chi vorrà realizzare questo tipo di vasino.
 
Precedente post sullo “spannolinamento”.