lunedì 28 ottobre 2013

La felicità delle "code"

Ultimamente ho avuto occasione di parlare di “code”, prendendo spunto dal post di Marzia "Cosa non sopporto della media" e in alcuni scambi tra amici in Rete.

Per “code”, gaussianamente parlando, intendo tutte le minoranze che, per diversi fenomeni, si trovano ai lati, schiacciate, anche in senso figurato, da una media la cui forza è solo nel numero.

C’è una possibilità che queste code possano aspirare a una certa felicità?

Ho imparato da tempo che è bene cercare di muoversi in un campo a noi favorevole. Non si può contare sulla velocità se gli altri corrono di più o pensare di farla franca saltando quando sono tutti più alti. L’ho sentito qualche giorno fa in un bel film di Ken Loach (“Il mio amico Eric”), quando un ex campione di calcio cerca di spiegarlo a un postino. Ve lo consiglio, potrei definirlo anche un film sulla paternità.     
Fare similitudini con un campo di battaglia è sempre poco simpatico ma rende l’idea. Si può persino vincere un esercito numericamente superiore al nostro se si sposta la battaglia su un piano che valorizzi le nostre caratteristiche. La storia lo insegna e si sa da centinaia di anni ("L’arte della guerra").     

Può essere la numerosità, che le penalizza, la chiave di volta della felicità delle "code"? Forse sì e proprio grazie al web. Più si amplia il nostro mondo, più riusciamo ad “abbassare” la media e “alzare” gli estremi. Le code diventano più numerose e più consapevoli. Diventa così più facile incontrare persone con caratteristiche simili.
Anche se solo da punto di vista economico, questo concetto è stato ampliamente discusso in un libro divenuto famoso ("La coda lunga" di C. Anderson).

Ma io voglio parlare di persone.  
La Rete permette di allargare in modo esponenziale i nostri possibili interlocutori, trovando persone con interessi e gusti simili. Permette di scambiare idee e, soprattutto, di organizzarsi per scardinare quella che possiamo definire l’egemonia della maggioranza.
Se il numero non è, e non potrà essere, la forza delle code, è necessario puntare sull’organizzazione.

giovedì 24 ottobre 2013

La scelta del passeggino

Mi hanno segnalato il sito www.cercapasseggini.it il primo portale italiano d'informazione sul mondo dei passeggini. Visto che si tratta di un sito informativo e non di un singolo prodotto, mi fa piacere darne notizia. 
Tra l’altro, questo argomento mi ha riportato alla memoria il momento della nostra scelta.  

La scelta del passeggino è stata il primo passo che ho fatto nel mondo degli articoli per l’infanzia. Più che un mondo, un vero e proprio universo.
Ancora con una pancetta non ben definita (ovviamente non la mia ma quella della futura mamma) varcammo la soglia di un grande negozio, un po’ intimoriti da tutta quella oggettistica per bambini piccoli. Biberon con decine di tipi di tettarelle, provenienti da studi della Nasa per prevenire il rigurgito o qualunque cosa suonasse come una minaccia per i futuri genitori. Si sa che la paura è un’ottima leva di acquisto.

Addirittura c’erano negozi che per l’acquisto del passeggino proponeva un appuntamento per essere sicuri di aver il tempo per illustrare tutti i modelli e tutte le diverse caratteristiche.
La parte un po’ anarchica del nostro spirito fece sì che ci presentassimo una mattina presto, senza alcun preavviso, con la fatidica frase “Volevamo vedere un passeggino”.
Probabilmente la commessa ci avrà odiati ma abbozzò un sorriso e ci introdusse in uno stanzone pieno di passeggini. Passeggini ovunque. Aperti e chiusi, a terra e attaccati alle pareti. Sembrava che ci fosse stato un’esplosione.
Ci parlò di cose a me oscure. “Trio” o “Duo”. “Fronte strada” o “Fronte mamma”. “Chiusura a libro” o “Chiusura a ombrello”. “Gomme piccole” o “Gomme grosse”
Abituato a non perdere così tanto tempo neanche quando devo cambiare l’auto, dopo alcuni minuti il mio cervello si era disconnesso. Aveva messo il pilota automatico per annuire e sorridere ogni tanto a intervelli irregolari, per non creare sospetti di assenza di attenzione.
Mi venivano fatti alzare alcuni passeggini. “Senta come questo sia più leggero dell’altro!”
Attimi di imbarazzo.
“Mah, saranno grammi” pensai.
“Effettivamente…” dissi.
Ci fu anche la “prova bagagliaio auto” nel parcheggio fuori dal negozio per capire quali modelli entrassero.   
Uscimmo stremati e confusi da tutte quelle informazioni.
Ci fu anche un confronto con altri genitori che potevano parlare per esperienza diretta e, ovviamente, l’immancabile ricerca su internet di pareri di chi aveva già scelto un particolare modello e dava consigli.
E scelta fu.
Il futuro babbo cercò di influenzare, caldeggiando le ruote grosse parlando di improbabili scorribande nelle campagne vicino casa e possibilità di muoversi tranquillamente anche in spiaggia. Il fatto che ci fosse anche una pompa per gonfiare le ruote posteriori non era da sottovalutare.

Un consiglio per i futuri papà: se ve la sentite di influenzare la scelta del passeggino preparatevi a sostenerne la validità per i successivi tre anni in ogni futura occasione nella quale la vostra dolce metà, che nel frattempo si è ridotta ad almeno a  un terzo  visto che la dovete dividere con il pargoletto, vi sottoporrà dubbi sull’acquisto imputandovi la responsabilità principale. 

domenica 20 ottobre 2013

I turni da padre

L'altro giorno mi sono fermato a fare un conto. 
In un giorno lavorativo (5 giorni su 7) normalmente ho la possibilità di passare in famiglia con mia figlia dalle 17.30 alle 21.30 (orario di nanna) per un totale di 4h su circa 14h, togliendo le ore di sonno. Sono ore potenziali perché poi bisognerebbe considerare altri impegni che possono esserci o normali attività come preparare la cena.
Per i giorni che l'accompagno alla scuola materna c'è da aggiungere il tempo dalla sveglia all'entrata (circa dalle 07.15 alle 8.05).
Cerco di tirami su dicendo che comunque, ho la reperibilità notturna, ovviamente divisa con la mia compagna. Cosicché, se si sveglia per un brutto sogno, se non sta bene, se perde le coperte, se ha bisogno di una mano da stringere per rendere meno profondo il buio della notte, io ci sono.
Poi, fortunatamente, ci sono i week-end che di solito sono di “turno H24”.

Mi rendo che conto che il tempo non è dalla mia parte. Che c'è tutto un mondo nel resto della giornata, fatto di tante altre persone che mi spingono indietro, volontariamente o meno, nel mio ruolo di educatore. Non credo che basti sperare che trovino gli amici giusti, o che non incappino in quelli sbagliati, e bravi insegnanti, o almeno non pessimi. Sono convinto che questo ruolo in prima fila si debba conquistare giorno dopo giorno, al di là del poco o tanto tempo a nostra disposizione.



martedì 15 ottobre 2013

A piedi nudi sugli scogli

Non sono più capace di camminare a piedi nudi sugli scogli. Me ne sono reso conto la scorsa estate al lago quando mi muovevo goffamente appoggiando i piedi sui sassi con la massima attenzione e cura a ogni passo che mi separava dall’acqua.

Non sono più capace di camminare a piedi nudi sugli scogli nonostante da piccolo abbia passato intere estati muovendovi tra gli scogli come un naufrago felice di avere tutta un’isola a sua disposizione. Cercando di catturare granchi come prova di coraggio e forza. Facendo i tuffi più divertenti che da una spiaggia di sabbia non è possibile neanche immaginare.

Non sono più capace di camminare a piedi nudi sugli scogli nonostante non abbia mai usato quei brutti sandali colorati da bambini. Che ti facevano prendere il sole a strisce e quando li toglievi sembrava di aver avuto i piedi in carcere.  Perché la plastica era ancora più insicura, ti faceva scivolare che era una bellezza. Il piede ti metteva in contatto diretto con la superficie, eri in grado di calibrare peso e pressione. Le scarpe erano da forestieri del mare.

Non sono più capace di camminare a piedi nudi sugli scogli e me ne dispiace. Nonostante questo volesse dire anche qualche spina di riccio di mare da far togliere la sera. Con l’ago da cucire della mamma passato sotto la fiamma dell’accendino del babbo, per sterilizzarlo. Il piede fermo e lo sguardo girato. Trattenendo il dolore.

Non sono più capace di camminare a piedi nudi sugli scogli e me ne dispiace. Nonostante non fosse poi così comodo. La sabbia lo è indubbiamente di più, quasi come camminare sulla seta.

Non sono più capace di camminare a piedi nudi sugli scogli e me ne dispiace. Nonostante ogni tanto si sparisse tra gli scogli per una scivolata imprevista, per una valutazione sbagliata di noi bambini e si riapparisse con dei bei lividi sul sedere.

Non sono più capace di camminare a piedi nudi sugli scogli e me ne dispiace perché avrei potuto insegnarlo anche a mia figlia. Non sono cose che si imparano una volte per tutte, come andare in bicicletta, c'è bisogno di passarci del tempo ogni tanto. Per volerlo fare bisogna aver capito che alla scomodità si accompagnano tante belle esperienze. 

Non sono più capace di camminare a pidi nudi sugli scogli ma vorrò portarci lo stesso mia figlia. Insieme "forestieri del mare", uno con un passato di salsedine alle spalle e l'altra con un futuro tutto da costruire.

venerdì 11 ottobre 2013

“T'aspettavo qui per oggi a Samarcanda. Eri lontanissimo due giorni fa...”


Avere un figlio ti inchioda sull'asse del tempo. 

Credo che ogni genitore sia stato preso almeno una volta dal terrore di lasciare i propri figli ancora piccoli ad affrontare il mondo. Non per la pretesa di essere le migliori persone da avere accanto ma per la cura e la protezione che spetta a chi si affaccia alla vita. 
Si sa che poi, comunque, si cresce. Nei periodi di guerra e nelle condizioni meno favorevoli. Voglio, però, potermi dedicare al “come”. 

Sono abituato a vedere pini che si affacciano sul mare piegati dal vento. Vorrei avere la possibilità di dedicarmi alla "mia pianta". Per legare il fragile fusto dei primi anni ad un sostegno robusto, per toglierle i rami secchi e per difenderla dai parassiti che ne metterebbero in pericolo la crescita. Per poi vederla dritta, affrontare tranquilla le libecciate dal mare.

Alcune volte mi capita di voler accorciare il più possibile il tempo per arrivare al momento che la vedrò grande. Poi mi rendo conto che mi perderei la parte più bella. Che in realtà non è la voglia di avvolgere il nastro più velocemente ma solo il desiderio irrealizzabile di poter sbirciare nel futuro per avere la certezza di esserci.

Allora non chiedo più al tempo di correre veloce. Al contrario, lo invito a rallentare il più possibile. 
 

martedì 8 ottobre 2013

L’amore non è “rivale” … ma il tempo sì


Ogni tanto mi tornano alla mente frasi che mi dicevano in famiglia e che racchiudevano piccoli insegnamenti. Sembravano buttate là ma cercavano di trasmettermi un pensiero più profondo. Questo modo di “insegnare senza dare lezioni” si è rivelato molto utile in quanto mi rendo conto di aver interiorizzato molto bene alcuni concetti.
Probabilmente, come già detto in altro post, il fatto di avere una sorella rendeva necessario evitare inutili gelosie per mantenere una certa armonia familiare e saldare i legami tra fratelli.
Così ricordo che ogni tanto entrava nel discorso il fatto che il bene non si divide ma che si può volere bene a tante persone insieme nella stessa misura senza bisogno di togliere a qualcuno per dare ad un altro. Questo doveva ovviamente spiegare il fatto che i genitori possono voler bene allo stesso modo ai fratelli.
In modo meno semplice, e sicuramente meno chiaro, qualcuno potrebbe dire che l’amore è “non rivale”. Questo significa che il fatto di voler bene ad una persona non riduce l’affetto che posso provare per un’altra.

Fino a che ci muoviamo nella teoria tutto fila. I problemi nascono, inesorabili, nella pratica.
I sentimenti non esistono di per sé ma attraverso la loro rappresentazione concreta. Non esiste la “generosità” ma l’insieme di azioni alle quali noi diamo quel nome.
Così la traduzione in pratica è molto più difficile della semplice enunciazione: babbo e mamma ti vogliono bene.
Se l’amore non è rivale, il tempo lo è.
Se ho un’ora di tempo, devo decidere come passarla. In questo caso, una singola scelta esclude tutte le altre.
I bambini piccoli sono avidi di attenzioni ed egoisti per natura. Una delle prime frasi che imparano a dire è “E’ mio” e una delle cose più difficile da insegnare loro è la condivisione degli oggetti di gioco con gli altri.
Bisogna cercare di far capire ai propri figli la gestione del tempo. Pur cercando di stare il più possibile insieme, ci sono anche dei momenti nei quali c’è anche da fare altro e che questo non significa mancanza di amore. 

giovedì 3 ottobre 2013

“Sii come l’acqua amico mio”. Ma rimani acqua, figlia mia


Ho sempre visto con molto sospetto l’adattamento e l’elogio che se ne fa spesso, fino a farne una qualità alla quale aspirare. Quando qualcuno citando Darwin (“Non è la  più forte delle specie che sopravvive, né la più intelligente ma quella più reattiva ai cambiamenti”) cercava di spingermi ad adattarmi alle situazioni più disparate non faceva altro che provocare il mio irrigidimento. Una cosa è applicare dei ragionamenti agli animali, altro discorso agli uomini.
Ho sempre avuto l’ideale della persona pronta a difendere le proprie idee a qualunque costo. Mi venivano i mente tanti piccoli uomini che si “adattano” alle circostanze, che si muovono come soffia il vento, nella direzione che fa loro più comodo per assecondare la volontà del signorotto di turno. Se ogni tanto qualcuno non si fosse rifiutato di adattarsi, dicendo un bel “No”, vivremmo sicuramente in un mondo peggiore.

Ultimamente mi è capitato di riflettere su questo tema e ho capito che al lato opposto dell’adattamento di comodo, che vorrei evitare, c’è un altro pericolo: la rigidità. Molto spesso gli estremi sono negativi allo stesso modo. 

Non so in quale mio girovagare in rete, mi sono capitate sottocchio le seguenti parole: 
“Sii come l'acqua che trova la sua via attraverso le crepe.
Non essere irruente, ma adattati all'oggetto,
così troverai una via per aggirarlo o attraversarlo.
Libera la mente, sii senza schemi.
Senza forma, come l'acqua.
Se metti l'acqua in una tazza, essa diventa la tazza.
Se metti l'acqua in una bottiglia, diventa la bottiglia,
se metti l'acqua in una teiera essa diventa la teiera.
L'acqua può scorrere o travolgere,
sii come l'acqua amico mio.” (Bruce Lee)

Nel mio piccolo, mi permetto di fare un’aggiunta in linea con il mio pensiero. E’ vero, l’acqua ha tante qualità positive. Voglio prendere il meglio di quelle parole per portarle con me. Ma una cosa non posso dimenticare, perché fa parte di me. E’ un invito.
Resta te stesso. Che tu possa riconoscerti ogni mattina quando ti guarderai allo specchio. Perché l'acqua mischiata con la terra diventa fango.
Rimani acqua, figlia mia.