giovedì 31 gennaio 2013

Mia figlia come Dr Jekyll e Mr Hide

Approfittando di un pallido sole che tentava invano di scaldare una fredda domenica pomeriggio, siamo usciti per fare due passi. Attratti dalle luci di una giostrina, siamo saliti su un cavallo nero con ben quattro biglietti in mano. La volta precedente aveva funzionato il sistema di contare i giri e ricordare prima dell'ultimo che dopo saremmo scesi. Forse sono metodi usa e getta, nel senso che li usi ma funzionano una volta sola.
Così questa volta non ha funzionato e ci siamo dovuti allontanare tra pianti e urla.
I pianti e le urla si sono amplificati per mettersi seduti nel passeggino e sono durati per circa metà percorso.
I pianti e le urla sono ripresi, forse prima era una specie di intervallo tra primo e secondo tempo, per entrare in auto e mettersi nel seggiolino. Una lotta per chiudere le cinture. Anche in questo caso sono durati una buona porta del ritorno.
I pianti e le urla sono tornati all'arrivo a casa, per entrare, per togliersi il giacchetto e per lavarsi le mani. Non serviva parlarne o spiegarle cosa stavamo per fare.
 
Poi siamo saliti nella sua cameretta. Ci siamo seduti sul futon e come se, seppur senza parlare, ci fossimo chiariti per tutte le precedenti reciproche incomprensioni, ci siamo fatti un po' di coccole. Concludendo, prima di scendere per la cena, con un paio di libri sfogliati insieme nella più totale tranquillità.
 
E' difficile capire certi cambiamenti, da manifestazioni estreme di rabbia a gesti pieni di dolcezza, nella stessa bambina a distanza di pochi minuti.
 

lunedì 28 gennaio 2013

It's just another manic Monday, I wish it was Sunday...

Il lunedì mattina è uno dei giorno in cui è il mio turno di accompagnare la piccola al nido. Sarà che è lunedì, la ripresa della settimana è dura per tutti, sarà che quando entra al nido con me si deve svegliare prima di quando l’accompagna la mamma, e di solito a quell’ora dorme ancora come un angioletto sotto la coperta, sarà che con me i tempi delle diverse fasi mattutine sono meno flessibili, non si può stare sul vasino a leggere mezz’ora. E forse per altri “sarà” ma, pur essendo contento di accompagnarla al nido ed essendo convinto che le faccia bene per tante ragioni frequentarlo, alcune volte vorrei poter decidere di tirare dritto con l’auto, e non fermarmi al parcheggio, o, ancora meglio, lasciarla dormire aspettando che si svegli tranquillamente da sola.
 
Stamani mentre entravamo abbiamo trovato una bambina della sua classe che si stava togliendo cappello e sciarpa insieme al suo babbo, statisticamente il mio è un orario di ingresso al nido “da babbi”. Le bambine hanno iniziato a chiamarsi e a sorridere. Velocemente si sono cambiate le scarpe con le ciabattine e, senza neanche guardarsi indietro, sono entrate nella stanza correndo.
L’ho vista contenta di entrare, di stare con i primi amichetti della sua vita. Svanisce, o si fa sentire meno, anche quel piccolo senso di colpa che si insinua la mattina.
 
Poi penso che probabilmente più di lei avrei io voglia di svegliarmi un po’ più tardi e di avere tempi meno stretti. 
 
It's just another manic Monday, I wish it was Sunday...
 
 
 
 
   

mercoledì 23 gennaio 2013

Un occhio di riguardo per i papà.

Vado a prendere mia figlia al prolungamento del nido. Mi accoglie il suo consueto meraviglioso abbraccio ma poi c'è da pensare a vestirsi per uscire.
Questo significa innanzitutto toglierle i calzini antiscivolo. Le scarpe sono in un piccolo mobile basso che serve anche per far sedere i bambini. Come ogni volta inizia la ricerca. Di solito mi devo quasi sdraiare per cercare le sue scarpe. Ne sposto alcune.
Una inizia a lampeggiare. Hanno messo l'antifurto alle scarpe per bambini? Penso. Ma poi a casa mi spiegano che ci sono scarpe che hanno delle luci nel tacco che si accendono con i movimenti dei passi.
Mi trovo in mano una scarpa che reputo enorme per quei bambini. Poi mi ricordo che al prolungamento ci sono anche bambini della scuola materna.
Dopo un altro paio di tentativi riesco a pescare le scarpe giuste.
Adesso ci sono, nell'ordine, felpa, piumino, sciarpa e cappello.
Riesco abbastanza velocemente a metterle tutto. A parte la scelta del primo braccio da infilare per la felpa ed il piumino. A parte voler farmi cercare la sua foto in un cartellone appeso al muro con le date dei diversi compleanni. 
Vestiti di tutto punto usciamo dopo aver salutato i bambini e le maestre.
Al cancello la prendo in braccio e ci avviciniamo alla macchina.
A pochi passi dall'auto mi accorgo che non c'è più il cappello. Mi guardo intorno aspettando di vederlo per terra con la speranza di aver evitato una delle pozzanghere che ci sono.
Non vedo niente.
Torno indietro sui miei passi. Ho percorso pochi metri ma non trovo il cappello.
Decido di arrivare fino alla porta del nido. Riesco comunque a vedere che non c'è traccia del cappello. Sembra volatilizzato.
Una delle maestre mi vede tornare indietro dalle vetrate della struttura. Si affaccia dalla porta e mi chiede se ho dimenticato qualcosa.
Un po' imbarazzato le spiego che sto ripercorrendo il vialetto per vedere se trovo il cappello. Dando uno sguardo veloce anche lei mi conferma che non c'è niente.
Mentre sta per salutarmi, la rivelazione.
Indica mia figlia dicendo che il cappello, cadendo, è rimasto incastrato nella scarpa della bambina. Tenendola in braccio non riuscivo a vedere quel piede. Incredibilmente il laccio del cappello era rimasto incastrato nel feltro dello strappo della scarpa. Impossibile da rifare neanche facendolo cadere un milione di volte.
Ringrazio e, ancora più imbarazzato, me ne vado.
Spero di non aver confermato il luogo comune dei papà un po' imbranati con la preparazione dei figli.
Mentre sto guidando mi chiedo se la maestra si sia presa il disturbo di anticiparmi alla porta, evitandomi di rientrare, per un occhio di riguardo nei confronti dei papà.
Se così fosse, ringrazio a nome della categoria.
 

lunedì 21 gennaio 2013

Smile, you're on candid camera!

Sabato di saldi in un negozio di giocattoli e vestiti per bambini.
Mentre una mamma sta tranquillamente guardando i capi in sconto, il figlio corre all'impazzata nel negozio. Stanco di correre, afferra una piccola moto di plastica in esposizione, la inforca come un novello Valentino Rossi e, dando poderose spinte con i piedi, fa più volte il giro del negozio.
Interviene anche una delle commesse per cercare di tranquillizzarlo, il modello della moto è per bambini più piccoli ed è già caduto un paio di volte.
Un uomo anziano, probabilmente il nonno, tenta letteralmente di strapparlo dalla moto tirandolo malamente per un braccio. Ma il bambino non molla la presa.
A questo punto arriva la mamma, si avvicina e dice:
“Se stai buono, ti compro qualcosa.”
Le mie orecchie non credono a quello che sentono. Io mi guardo intorno aspettando che qualcuno sveli che sono vittima di una candid camera.
Non c'è bisogno di aver letto tomi di pedagogia o visto tutte le puntate di S.O.S Tata. Ormai tutti, anche chi non ha figli, sa che certe frasi non si dicono.
 
 

giovedì 17 gennaio 2013

Chi ha paura di un abbraccio?

Prendo spunto dall'articolo  "Il neonato si sveglia di notte? Meglio farlo riaddormentare da solo" letto sul sito di PaternitàOggi.
Non mi trovo d’accordo con i risultati di questa ricerca né sulla base della mia esperienza diretta né per la filosofia sottostante. Sembra quasi che ultimamente stia prendendo piede una scuola di pensiero che vede il rapporto con i figli un po’ troppo meccanistico, "se fai così, succederà questo", e che mette una cappa di sospetti nei confronti delle manifestazioni d’affetto.
Secondo me si cade ancora nel fraintendimento che l’affetto debba necessariamente escludere le regole. Nella mia esperienza come uomo e come padre è un errore enorme. L'errore che fa chi pensa che per essere rispettato sia necessario essere temuto.
 
Per quanto riguarda il sonno, mia figlia è abituata a dormire nel lettino della sua camera da quando aveva sei mesi. Al momento della messa a letto abbiamo creato una nostra routine che ultimamente prevede un librino da sfogliare insieme per poi andare sotto le coperte sentendo ancora delle parole sussurrate, come le canzoncine della ninna nanna (stella stellina…).
Capita durante la notte che si svegli piangendo o semplicemente chiamandoci.
Le basta una carezza o un abbraccio per rimettersi a dormire. Alcune volte ci chiede la mano per qualche minuto prima di riaddormentarsi.
Non negherei mai a mia figlia di due anni questo momento che nel cuore della notte, chissà se dal risveglio da qualche sogno strano, le ricorda che noi ci siamo sempre. Che le conferma che, se anche è da sola nel suo lettino, basta chiamare per vederci arrivare.
Non ho alcune timore che questo possa trasformarsi in vizi o capricci. Credo di riuscire a capire le diverse casistiche.
 
Parafrasando il titolo del bel libro “Se ti abbraccio non aver paura”, che vi consiglio di leggere, mi immagino tanti bambini con una maglia con la scritta:
Se mi abbracci non aver paura (di viziarmi)”.
   

lunedì 14 gennaio 2013

Echi dai sogni di mia figlia.


Iniziare a parlare significa anche sentire echi lontani dai sogni di mia figlia. Quando il sonno la porta lontano, chissà dove e chissà con chi.
 
La scorsa notte ho sentito la sua voce. Ero sveglio e mi sono affacciato alla sua camera. Tutto tranquillo. Mi sono avvicinato per vedere se nel suo movimento notturno da una parte all'altra del lettino si fosse scoperta. Alcune volte trovo il piumino in fondo ai suoi piedi o il cuscino accartocciato in un angolo.
All'improvviso, pur dormendo, ha iniziato a parlare. Prima quasi un sussurro ma poi ho capito chiaramente.
“Barbapapà...”
 
Sorrido. Spero che stia facendo un bel sogno con i suoi amici elastici e colorati e che qualche barbatrucco la tenga fuori dai guai, almeno di notte.
  

sabato 5 gennaio 2013

Un bell'inizio d'anno.

Se dovessi scegliere per importanza uno tra i propositi che ho espresso per il nuovo anno, sarebbe sicuramente quello di attribuire maggior valore al mio tempo attraverso un uso più consapevole. Questo proposito porta con sé diverse implicazioni. In astratto significa ascoltare di più cosa voglio, cercando di lasciare al minimo agli altri la possibilità di condizionare le mie giornate. In concreto si traduce in nuove idee, progetti di nuove cose da fare e di vecchie cose da non fare, nell'usare più tempo per alcune attività e meno per altre. Consapevole di non poterne avere il controllo totale, almeno la volontà c'è. Tra 0 e 100 voglio collocarmi nella seconda metà abbondante.

Con questo spirito ho iniziato l'anno nuovo potendo passare alcuni giorni a casa. Non con i classici giorni alternativi al lavoro ma organizzati per qualche fine specifico. Abbandonata anche l'idea di un viaggetto dell'ultimo minuto, pur amando viaggiare.
Ma non era di quello che avevamo bisogno.
Così, senza niente di predefinito da fare, siamo riusciti a trascorrere alcuni giorni tra mamma, babbo e la nostra piccola. Svegliandoci la mattina quando si aprivano gli occhi più piccoli, ma i più belli, della famiglia. Giocando con quello che di nuovo ci aveva portato Babbo Natale. Girellando per qualche bancarella scegliendo quasi svogliatamente dei guantini a cinque dita per poi passare i successivi dieci minuti nel tentativo di far entrare ogni ditino nel posto giusto. Andare su una giostrina che sembra quasi fuori dal tempo, scegliendo un cavallo nella speranza che, ad un certo punto della corsa, si stacchi dalla base come in "Mary Poppins" per portarci in giro. E anche annoiandosi ogni tanto.
 
Veramente un bell'inizio d'anno.
 
E un impegno per tutti gli altri giorni che verranno.