giovedì 28 febbraio 2013

Contro qualunque "Si stava meglio quando si stava peggio”

Negli ultimi mesi mi capitano sott'occhio molti articoli, e recensioni di nuovi libri, sulla crisi dell’uomo, inteso come essere umano di sesso maschile.
Ci viene descritta una persona spaesata, che non sa da che parte muoversi, che tende al femminile. Un uomo, e di conseguenza un padre, un po’ sbiadito all’interno della coppia e della famiglia. Di conseguenza, donne disperate alla ricerca di un "uomo vero" con cui poter avere un relazione.
 
In qualità di uomo, dico la mia. Anche altri papà, addirittura superpapà, hanno sentito l'esigenza di dire la loro in un post.

E’ vero che gli uomini, in particolare quelli che diventano padri, stanno vivendo un periodo di assestamento per i cambiamenti del proprio ruolo all’interno della famiglia e della società. Come tutte le transizione, non è un momento facile. C’è veramente il rischio di perdersi.
Quello che contesto è quasi un ammiccamento strisciante, non detto esplicitamente ma lasciato intendere, a un rimpianto del passato. Non si dice, ma tutto porta a pensare, “Si stava meglio quando si stava peggio”.
Facciamo un’analisi critica, forse spietata, di gran parte delle famiglie italiane dal punto di vista della gestine familiare (mi concentro sull'organizzazione, dando per scontato l'amore). Era stato creato un sistema quasi perfetto che garantiva l’equilibrio della famiglia e la sua durata. Un uomo che lavorava e portava i soldi mentre la donna stava a casa a badare ai figli. Non c’erano problemi di incrocio di orari, non ci si domandava chi doveva stare a casa se il figlio stava poco bene, o chi lo accompagnava a scuola e lo andare a prendere. Inoltre, l’unica fonte di reddito, creava un legame di dipendenza tra marito e moglie che rendeva più difficile, o comunque ci si pensava una volta in più, un eventuale divorzio. 
Voglio sperare che le donne non rimpiangano questo tipo di passato.

Ho sempre creduto che la ricerca de "l'uomo forte" in qualunque aspetto della vita come la famiglia, la società, la politica, il governo sia sintomo di irresponsabilità e immaturità. E che sia solo la volontà di avere qualcuno che ci tolga il peso di decidere e lo faccia per noi. Perché prendere decisioni, assumersi le proprie responsabilità, è comunque faticoso. Ma è proprio quello che differenzia il bambino dall'adulto.
 
Per chiudere in leggerezza mi viene in mente un pezzetto della canzone “Cara ti amo” di Elio e le storie tese (che se non conoscete vi invito a ascoltare) che tratta con ironia del rapporto uomo/donna:
Lui: Io sono come sono.
Lei: Cerca di cambiare.
Lui: Sono cambiato.
Lei: Non sei piu' quello di una volta.
 
 
 

venerdì 22 febbraio 2013

"Ma tu cosa hai fatto?”

Sono convinto che come persone abbiamo una responsabilità nei confronti nelle generazioni successive. Per chi ha figli questo sentimento assume sfumature particolari perché non si tratta di un’assunzione di responsabilità generica nei confronti degli altri ma di un impegno verso chi abbiamo deciso di “mettere al mondo” e di proiettare in un futuro che, per forza di cose, è loro e che ci vedrà presenti solo per una parte.
Stiamo vivendo un momento storico veramente particolare. Al di là di come uno la pensi, si sono dissolti, o comunque hanno perso la loro forza di attrazione e di aggregazione, i gruppi che hanno caratterizzato il novecento, come i partiti e i sindacati, che permettevano di unire più persone sulla base di valori condivisi. Indipendentemente da quale parte si stesse, le piazze si riempivano.
Con il dissolversi di questi organismi collettivi, o con il venir meno del valore che viene attribuito, si percepisce un senso di solitudine e di impotenza. Sembra, e probabilmente così lo è, che l’uomo sia da solo ad affrontare tutte le problematiche del suo tempo, economiche e sociali. Nuovo Davide disarmato di fronte a un enorme Golia.
C’è chi parla di una “rabbia debole”. L’uomo non sa più come far fruttare positivamente la propria indignazione di fronte a come si sta muovendo il mondo.
Non c’è più la sensazione, o almeno il sogno, di poter modificare realmente il mondo in cui viviamo. Il rischio è di rinchiudersi all’interno del proprio perimetro di vita cercando di difendere esclusivamente le proprie posizioni. Forse pensiamo che, se non riusciamo a offrire un mondo migliore ai nostri figli, almeno saremo in grado di fare in modo che la loro singola vita sia la migliore possibile.
Sinceramente questi sentimenti di rabbia, di frustrazione e di impotenza li sto sentendo, ancora di più da quando ho una figlia, ma è difficile indirizzarli in modo proficuo.
Il rischio, come qualcuno dice, è che la Rete, tra i mille vantaggi che offre, arrivi ad anestetizzarci. Nel senso di farci sentire a posto dopo aver cliccato un “Mi piace” o aver inserito un commento su un articolo di giornale. O, anche, dopo aver scritto un post come questo.
E poi?
Molte volte mi sono chiesto, e ho chiesto, cosa avessero fatto i miei nonni o i miei genitori, come si fossero comportati in certi momenti particolari, come il periodo del dopo guerra o il ’68.
Vorrei solo poter essere convinto e fiero della risposta che potrò dare a mia figlia che potrebbe chiedermi un giorno:
Ma tu cosa hai fatto?
 
“Nella nostra generazione dovremo pentirci non soltanto per le parole e gli atti odiosi di cui sono responsabili i cattivi, ma anche per lo spaventoso silenzio dei buoni.” M.L.King
 

martedì 19 febbraio 2013

BABBOnline è ospite di MAMMAFELICE

MAMMAFELICE ospita il guest-post "artistico" di BABBOnline con il suggerimento di un'attività da fare con i propri figli:
 
Buona lettura
 

giovedì 14 febbraio 2013

Il blog BABBOnline compie 1 anno

Mi sono accorto che è quasi passato un anno dalla pubblicazione del primo post che sanciva la nascita del mio blog BABBOnline, praticamente il primo vagito.
L’idea era nata dopo aver scritto una mail a un mio amico lontano, babbo di due bambini, nella quale gli raccontavo i primi mesi con mia figlia. Da lì lo spunto di condividere in Rete con gli altri papà e con le mamme la mia esperienza di padre.
 
In un anno sono successe molte cose, ho avuto molte idee per lo sviluppo del blog (il logo “dad on duty”, i contatti con i blog di papà americani e inglesi, una favola, i guest-post con altri blog, ecc.) e, soprattutto, in coerenza con l'obiettivo che mi ero posto, ho potuto incontrare molti altri papà e mamme blogger con i quali creare un legame di condivisione delle proprie esperienze.
 
Veramente un
GRAZIE di cuore
a tutti quelli che sono passati di qua, a chi ritorna ogni tanto, a chi ha creato un legame stabile collegandosi via gmail o via FB e a chi lascia i suoi commenti ai miei post per creare un scambio di idee e esperienze.

Con la speranza di ritrovarci ancora più numerosi il prossimo anno.
 

lunedì 11 febbraio 2013

Vivo nell'anno 2 d.I.

I figli ti fanno sentire il tempo che scorre più di qualunque altra cosa. Sia perché con i loro progressi e la loro crescita sono lì a testimoniare il passare degli anni sia, soprattutto, perché si inizia a pensare al futuro facendo riferimento alla loro età.
Almeno a me succede. Di iniziare a ragionare sul futuro, mio e della mia famiglia, avendo come unico punto di riferimento la data di nascita di mia figlia e le principali tappe della sua vita. Cerco di immaginare la nostra vita quando lei avrà 10 anni o diventerà maggiorenne, quando inizierà le scuole elementari o quando andrà alle superiori.

Vivo nell'anno 2 d.I. (d.= dopo, I=nome di mia figlia).

mercoledì 6 febbraio 2013

Nel giorno della memoria il ricordo di un padre


Per il giorno della memoria, anche se passato da poco, voglio ricordare la storia di un padre.
Si tratta di August Landmesser. Era un operaio della Blohm & Voss la cui unica colpa è stata di aver amato e sposato Irma Eckler, una donna ebrea. Fu incarcerato e poi spedito con l'esercito in qualche fronte della Seconda Guerra Mondiale. Dal loro matrimonio nacquero due figlie, Irene e Ingrid.
 
Molti anni più tardi la figlia Irene ha creduto di riconoscere suo padre in una foto pubblicata da un quotidiano tedesco. L'immagine che ha visto è di una forza dirompente.
Nel cantiere di Amburgo al momento dell'inaugurazione di una nave scuola della marina militare la folla saluta l'arrivo di Hitler alzando il braccio destro. Centinaia di persone omaggiano il Fuhrer con un saluto, tranne uno. Proprio August Landmesser.
 
Questa storia, che non conoscevo, mi ha colpito molto.
Innanzitutto perché si tratta di una foto attualissima, da tutti i giorni. Perché esprime la forza e il coraggio di un uomo nel difendere le proprie idee anche se tutti intorno la pensano diversamente o fa più comodo far finta di pensarla diversamente. Stiamo parlando di un periodo nel quale affermare le proprie idee significava mettere a rischio la propria vita.
Poi perché si tratta di un padre,  la cui scelta gli ha definitivamente precluso la possibilità di crescere le proprie figlie. Forse non si possono accettare certi compromessi neanche per il bene della propria famiglia, per tenerla unita, per farla andare avanti. Non ho una risposta. Bisogna viverli certi momenti. Forse, al contrario, proprio l'amore per la propria famiglia gli ha dato la forza di fare quel gesto.
 
Vi invito a condividere questa storia per tutto quello che rappresenta.
 
In questo documentario l'intervista alla figlia
 
 

lunedì 4 febbraio 2013

Babbo birbo


Qualche mattina fa, dopo essersi svegliata per andare al nido, ha adocchiato un librino dei Barbapapà che era rimasto nella sua camera dalla lettura della nanna della sera prima.
In realtà i librini dei Barbapapà sono tre, lei lo sa bene, e ha iniziato a reclamare a gran voce gli altri due, che invece erano al loro posto in sala al piano di sotto. Per evitare complicazioni, già nelle fasi che portano dalla sveglia all’ingresso al nido ce ne possono essere a decine, per tranquillizzarla mia moglie le ha detto:
“Li ha presi babbo per andare a lavoro.”
Lei l'ha guarda un po’ e poi con sguardo da rimprovero ha affermato sicura:
“Babbo birbo!”