mercoledì 28 marzo 2012

La prima sbucciatura

Chi ha un bambino piccolo sa bene che per i primi mesi ed anni è un susseguirsi di “prime volte”. La prima pappa, i primi passi, le prime parole, la prima notte nella camerina da solo, la prima popò nel vasino, ecc. Piccoli o grandi traguardi che indicano ai genitori che il figlio sta passando attraverso le normali tappe della crescita.
Alcune sono veramente emozionanti. Ricordo benissimo la prima volta che la mia bambina si è alzata sulle sue gambe e ha mosso i primi passi. Sembra che ci sia del miracoloso in qualcosa che, invece, si ripete uguale in ogni bambino da chissà quanto. Questa considerazione non riesce a scalfire minimamente l’emozione che nasce da questo spettacolo. Ce ne infischiamo delle tappe dell’evoluzione e che stiamo guardando qualcosa che milioni di bambini hanno già fatto in passato, e altrettanti lo faranno in futuro. Il perché è banale da capire, non sono milioni di bambini che lo fanno ma proprio nostro figlio.      
Tra le prime volte non ci sono, ahimé, solo eventi piacevoli. L’altro giorno stavamo rientrando a piedi dal parco quando, presa dall’euforia di camminare da sola, ha aumentato leggermente la velocità. Tradita da un’impercettibile pendenza del marciapiede ha perso l’equilibrio ed è caduta in ginocchio proprio sotto ai nostri occhi. Mia moglie ed io ci siamo guardati. Di fronte alla caduta di un bambino è fondamentale valutare in una frazione di secondo la possibile gravità del "danno", fortunatamente di solito non è di niente di grave. Occorre mostrarsi quanto più tranquillizzanti possibile. Le nostre reazioni sono importanti per non creare paure nel piccolo.   
L’abbiamo rialzata con cura. Un bacio e via a riprendere a camminare.
A casa, al momento del cambio del pannolino abbiamo scoperto che avevamo assistito alla sua prima sbucciatura alle ginocchia.

venerdì 23 marzo 2012

Metti una mattina un babbo al nido


Il nido di mia figlia ha offerto a noi genitori la possibilità di trascorrere un paio di ore insieme ai bambini svolgendo qualche attività, sulla base degli interessi, capacità o hobby di mamma e babbo. La proposta mi ha subito interessato e ha fatto iniziare a lavorare la mia fantasia. I nostri figli trascorrono molte ore della giornata all’asilo e mi piaceva l’idea di passare del tempo con la mia piccola ed i suoi compagni.
La vera sfida era trovare qualcosa da fare insieme a loro che fosse adatto alle diverse età dei bambini, che fosse coinvolgente, divertente e che, soprattutto, fossi in grado di fare io. Dopo averci pensato diversi giorni, volevo essere sicuro di quello che avrei fatto prima di proporlo alle maestre, sono riuscito a trovare qualcosa che riusciva a soddisfare tutti i requisiti. Non sarebbe stata una singola attività, so bene che l’attenzione dei bambini ha i minuti contati. Ne ho scelte tre:
  • l’ascolto di una breve storia raccontata da me, reso coinvolgente attraverso l’uso di disegni di animali che avrei realizzato per l’occasione e attraverso l’invito a partecipare imitando il verso degli animali.
  • un po’ di movimento, passare carponi attraverso un tubo imitando una talpa che si muove lungo le gallerie sottoterra.
  • un disegno da colorare.
Il tutto unito dal filo rosso della storia iniziale (chi vuole i dettagli può scrivermi via mail).
I preparativi hanno richiesto un certo impegno, ho sfruttato le ore tranquille della tarda serata quando il resto della famiglia sta dormendo. L’entusiasmo era tale che ho dovuto frenarmi nelle idee per evitare di passare le notti a disegnare, tagliare cartoni, incollare fogli, ecc.

Finalmente è arrivato il giorno dell’incontro. Avrei avuto di fronte tutte e tre le classi del nido che di solito si riuniscono per attività comuni (circa una quarantina di bambini).
Si sa che i bimbi sono un pubblico spietato.
Le maestre mi avevano preparato un piccolo tavolino dove poggiare quello che avevo preparato. Mi sono messo in ginocchio. Avevo tutti quegli occhietti puntati addosso. Sentivo su di me la loro aspettativa. E’ facile stupire bambini così piccoli ma è altrettanto facile deluderli o far sì che siano distratti da altro. Ho pensato all’inizio di altre presentazioni che ho fatto di fronte a platee molto più autorevole su argomenti più seri ed insidiosi. Sicuramente in fatto di intrattenimento di bambini avevo di fronte i maggiori esperti.

Devo dire che ci siamo, io per primo, proprio divertiti. Credo che la carta vincente sia stato il coinvolgimento dei bambini che derivava dalle attività individuate. Non doveva essere una lezione su qualche argomento. Da parte mia sicuramente è stato necessario dismettere i panni di tutti i giorni per ritrovarsi bambino tra i bambini (ma un babbo almeno una volta al giorno dovrebbe essere abituato a farlo tra le pieghe del suo ruolo di genitore).

Consiglio a tutti i babbi e a tutte le mamme di regalarsi una mattina così. Se il vostro asilo non ve lo propone, fate voi il primo passo. Se non fosse stato il nido a fare questo invito non ci avrei pensato o l’avrei visto come qualcosa al di sopra delle mie possibilità.
Quindi, un grazie alle maestre della mia piccola per l’opportunità offerta.

Mi prenoto già per il prossimo anno. Con altre attività, ovviamente.            
     

lunedì 19 marzo 2012

L'entrata al nido

Quando accompagno la piccola al nido cerco sempre di farlo nel modo più indolore possibile. Evito con cura che questo momento si trasformi in una specie di “consegna del pacco”. Magari svegliandosi un pochino prima per arrivare con più calma. Cercando di farla entrare a piedi, senza tenerla in braccio, così che l’entrata sia più spontanea. Qualche minuto in più va messo in conto.Non si può lasciare addirittura l’auto accesa pensando di fare in un lampo (a parte asfissiare tutti quelli che entreranno subito dopo).
Qualche volta si attarda prima della porta guardando i giochi nel corridoio. Aprendo la porta viene subito accolta da qualche bambino che piange, c’è sempre un bambino in lacrime, che certo non è proprio un bel benvenuto di prima mattina. Oppure qualche bambino che è dentro da una mezzora e che già gioca, salta e balla. Almeno in noi dovrebbero trovare la comprensione di un non facile ingresso. 
Poi vado in ufficio. Vedo qualcuno che pesantemente muove i passi lungo le scale. Incrocio un collega che di fronte al mio saluto mi ferma per lamentarsi di qualcosa, non ricordo bene neanche l’argomento. Entro nella mia stanza e, ancora prima di togliermi il cappotto ed accendere il computer, c’è sempre chi mi fa domande sulle mail ricevute e che io ovviamente non ho ancora letto.
Tutta la mia solidarietà ai bambini quando entrano al nido.

martedì 13 marzo 2012

E' di nuovo lunedì

Eccoci ad un altro lunedì mattina. Dopo un fine settimana passato tutti e tre insieme (la piccolina, mamma e babbo), riprendiamo il ritmo di lavoro e nido. E' dura svegliarla. In realtà il bisogno è solo nostro, dobbiamo portarti al nido perché poi andiamo a lavorare. Penso a quanto sto bene a letto quando suona la sveglia, a quanto odio quel suono, e francamente mi scoccia essere proprio io la tua sveglia.
Inizio cercando di far entrare un po' di luce dalle finestre. Aspetto qualche minuto ma non succede niente. Sei ancora nella stessa posizione di prima. Neanche cercare di fare più rumore serve a qualcosa. Provo ad accarezzarti sulla schiena per farti svegliare, almeno aprire gli occhi. Ti muovi infastidita, allunghi un braccio, cambi posizione ma riprendi a dormire. Stringi il tuo animaletto nella mano.
Ormai è l'ora di alzarsi. Devo essere più deciso. Ti chiamo per nome per farti sentire la mia voce. Ti prendo in braccio. Pochi secondi con gli occhi aperti ti bastano per capire la situazione. Stai lasciando il tuo lettino per iniziare una nuova giornata. Scoppi in un pianto assordante. Come darti torto? Ancora non sai parlare ma sembri dire “Di nuovo lunedì?! Quanto manca al prossimo fine settimana?”. Ma sto solo attribuendo a te quanto mi passa per la testa. 
Io non piango quando suona la sveglia la mattina ma il mio pensiero è quello.  

mercoledì 7 marzo 2012

Concordia, Unicef… sono tutti BAMBINI

Tra le tragedie legate al naufragio della Concordia mi ha colpito molto quella della piccola Dayana di 5 anni morta con il padre all’interno della nave. Quella storia mi ha colto nel vivo. Probabilmente perché ha avuto per me un grande potere evocativo. Mi ha smosso qualcosa dentro. Ho pensato alla disperazione di un padre che non riesce a salvare la vita dei propri figli. Credo che sia qualcosa che vada al di là della morte stessa.
La drammaticità di questa fine mostra con clamore quanto la stupidità di certe azioni possa avere conseguenze tragiche sulla vita di altre persone. Quale potrebbe essere la condanna adeguata per una cosa del genere? Immagino non ce ne siano.  
Recentemente l’Unicef ha pubblicato il suo Rapporto 2012 sull’infanzia. Ho ripensato alle mie riflessioni sulla Concordia. Ho realizzato con amarezza che tutto questo mio dolore derivava dal fatto che me la sentivo molto vicina. Potevo immedesimarmi. Era qualcosa che sarebbe potuto accadere anche a me e alla mia bambina.
In realtà ci sono milioni di bambini che ogni giorno vivono in condizioni assurde, che muoiono per cause per noi del tutto irrisorie. E’ difficile immedesimarsi in loro. E’ veramente difficile vedere i loro volti in quello della tua bambina che dorme serena nel lettino quando la notte vai a controllare che sia tutto a posto e le rimbocchi la coperta. Credo che sia proprio questa la sfida. Che si affianca anche ad altra. Capire quanta stupidità ci sia nelle nostre azioni quotidiane, quelle ad esempio per il mantenimento del nostro tenore di vita, che ha conseguenze tragiche sulla vita di bambini la cui foto non vedremo mai in internet o in un telegiornale.


Rapporto Unicef 2012

lunedì 5 marzo 2012

Babbi in carriera, o quasi

Si può essere babbi in carriera? Non sto parlando dei babbi del “fine settimana” ovvero chi lavora fuori e ritorna il venerdì sera ma di chi vive in famiglia ogni giorno. Sto parlando di chi si confronta insieme alla propria compagnia, che di solito lavora, per la gestione della vita dei propri figli. Gestione che prevede le visite dal pediatra, i periodi di malattia, accompagnare i figli al nido ed andare a riprenderli. Sto parlando di chi considera queste elementi come parte integrante della partecipazione ad un percorso di crescita.
La mia risposta è: “Sì, si può”. Mi viene alla mente quel “Yes, we can” americano. Ma bisogna volerlo. Tra l’altro oggi c’è anche la tecnologia che ci viene in aiuto, ci sono i cellulari che ci rendono raggiungibili praticamente ovunque, i black-berry per leggere la posta elettronica e a casa ormai praticamente tutti hanno il computer.   
Una scelta di maggiore consapevolezza del proprio ruolo di genitore si unisce ad una realtà che necessità di una differenziazione tra i ruoli sempre più sfumata. Nella pratica i ruoli sono quasi intercambiali.
C’è un però. Come molte altre cose della vita, per far funzionare il meccanismo bisogna essere in due a volerlo. Non bastano i babbi, ci vogliono anche le aziende.