giovedì 26 ottobre 2017

(Per i figli) Crescere è staccarsi (dai genitori).

Qualche mattina fa mia figlia mi ha chiesto di salutarla un po' prima del portone della scuola, per fare un pezzetto di strada da sola. Il solito bacio, il solito augurio di “buona giornata” ma con l'aggiunta di una decina di metri in autonomia.

Sono convinto che la crescita sia un percorso fondamentalmente individuale, che non vuol dire solitario, ma che implica necessariamente un distacco dai genitori. 
Finché non fai “da solo”, nel senso di “in autonomia”, non conosci il tuo valore, non metti alla prova le tue caratteristiche, non valuti quali siano i tuoi punti di forza o di debolezza e, soprattutto, non acquisisci consapevolezza del tuo posto nel mondo, sia ai tuoi occhi che a quelli degli altri.
Credo che questo sia il più grande errore che un genitore possa fare, non agevolare questo percorso di distacco graduale.

Ricordando uno dei libri letti insieme a mia figlia, tutti noi genitori siamo un po' come il gatto Zorba che vede allontanarsi in volo la gabbianella che ha aiutato a crescere e che ha spinto ad imparare a volare. Perché anche crescere è un salto nel vuoto e, come per il volo, “cresce solo chi osa farlo”.

giovedì 5 ottobre 2017

Quote rosa “al maschile”

Da un lato leggo i dati 2016 dell’Ispettorato del lavoro che mostrano come, in Italia, maternità e lavoro siano ancora difficilmente conciliabili, dall’altro sento parlare di “quote rosa” e vedo come si stia cercando di metterle in pratica. Mi chiedo se possano essere davvero uno strumento utile per cercare di porre un freno a questa fuoriuscita dal mondo del lavoro delle neo mamme.

Le “quote rosa” partono dal presupposto che, lasciato da solo, il mondo del lavoro tende ad escludere le donne, in particolare da posti di responsabilità, in quanto caratterizzate da peculiarità che, da sempre in Italia, hanno riguardato il mondo femminile in contrapposizione di quello maschile. Prima tra tutte, la ricerca di una certa flessibilità dell’orario di lavoro che consenta la gestione e la cura della famiglia e dei figli.
Se c’è, come vogliono indicare le “quote rose”, un’impostazione di lavoro “al femminile”, diverso da quello “al maschile”, da valorizzare e da diffondere, bisognerebbe, però, che effettivamente le “quote rosa” favorissero davvero l’avanzamento di questa impostazione “al femminile”. Il rischio che vedo è che, nel concreto, con le “quote rosa” si cambi solo il genere interessato, donne vs uomini, ma non si introduca una vera nuova modalità di lavoro e che, al di là degli uomini o delle donne al comando, rimanga sempre in piedi un modo di lavorare considerato “al maschile”, fatto di mancanza di flessbilità, di disponibilità assoluta sul posto di lavoro al di là di giorni ed orari.

Non vorrei che, una volta nella stanza dei bottoni in virtù delle “quote rosa”, non si avvii concretamente un processo virtuoso a scendere lungo tutto l’organigramma delle aziende. E che le “quote rosa” rimangano un tema da piani alti, da dirigenti, da Consigli di Amminisitrazione o da squadra di Governo ma che abbiano veramente un impatto praticamente nullo nella vita di tutti i giorni delle madri lavoratrici.