domenica 25 maggio 2014

Se il prof è anche papà

Ricordo che durante una chiacchierata con un mio professore dell’Università, appassionato di logica matematica, mi raccontò che mentre accompagnava a scuola il figlio con alcuni compagni di classe utilizzava gli argomenti dei bambini per buttare lì domande o quesiti, senza che questi apparissero come tali, per capire come ragionavano. Rimase molto colpito, ma forse sarebbe meglio dire deluso, vedendo come gli amici del figlio fossero molto più intuitivi. 
Ai tempi era molto lontana da me l’idea della paternità ma, non so perché, quella conversazione mi è rimasta in mente.
Forse rimasi molto colpito, ma forse sarebbe meglio dire deluso, dall’idea di “testare” il proprio figlio.

Ma ragionavo solo come figlio. 
Adesso, posso provare una certa tenerezza per quel padre, un po' particolare e così appassionato della materia, che sondava, anche se in modo un po' maldestro e poco ortodosso, le basi per una futura affinità con il proprio bambino.

martedì 20 maggio 2014

Liebster Award: un premio per BABBOnline

E' arrivato inaspettato un premio per BABBOnline, si tratta del:
Liebster Award
Ringrazio Giada di MammaCheVita che mi ha premiato e passo subito alle regole da seguire per poter partecipare a questa premiazione: 
1. Ringraziare e mettere il collegamento al sito dell'autore che ti ha assegnato il premio;
2. Rispondere alle dieci domande poste da chi ti ha nominato; 
3. Nominare a tua volta 10 blog (io intendo sempre massimo 10 blog);
4. Proporre ai nominati dieci domande a cui dovranno rispondere;
5. Comunicare ai nominati la candidatura.

Ecco le mie risposte alle domande di Giada: 
1.Da cosa è nata l'idea di aprire un blog?
L’idea è nata dopo aver scritto una mail a un mio amico che vive all'estero, papà di due bambini, nella quale raccontavo la mia esperienza di padre. Ho pensato che potevo creare un luogo in Rete dove avere un confronto sulla paternità. I papà di oggi non hanno punti di riferimento, non possono guardarsi indietro perché il modello che viene dai loro padri è completamente diverso e di fronte hanno un terreno completamente inesplorato.   
2.Che cos'è per te il tuo blog?
Per me è come se fosse una stanza della mia casa che lascio sempre aperta agli ospiti. Il tono varia, alcuni post sono più allegri, altri fanno ridere, altri ancora sono più riflessivi alcuni anche un po’ tristi. Ma così è anche la vita, non potrebbe essere altrimenti. Ho voluto un blog che rispecchiasse quello che provo e, quindi, trova spazio tutto lo spettro delle emozioni.
3.Perché ti piace essere un genitore blogger?
Mi piace molto la possibilità di confronto che c'è in Rete. Un blog si può leggere saltuariamente, passarci una sola volta, voler lasciare un commento e nel migliore dei casi rimanere collegati per essere aggiornati. Ognuno sceglie la modalità che preferisce sulla base dell’interesse suscitato. 
Sono sempre molto curioso di leggere i commenti che qualcuno mi lascia e cerco sempre di rispondere. E' uno stimolo in più ad andare avanti.
4.Cosa pensi che diranno i tuoi figli quando da grandi capiranno ciò che oggi racconti di loro?
In realtà più che parlare di loro, penso che nel mio caso sia più corretto dire che parlo di me stesso, attraverso le esperienze che ho con mia figlia. Il mio non è il classico diario digitale, non utilizzo foto mie o di mia figlia, se non pezzetti non identificabili. Non è un blog sulla mia famiglia.
Mi ha fatto riflettere il post di un altro papà ed effettivamente, come lui, potrei dire che scrivo principalmente per mia figlia. Adesso ha solo 4 anni ma in futuro le servirà per leggere tutte le sensazioni, le idee e le esperienze del suo babbo.
5.Cos'è per te essere genitore?
Credo che essere genitore significhi principalmente impegno nella crescita dei propri figli. Penso che dal “mettere al mondo” un’altra persona implichi necessariamente un’assunzione di responsabilità.   
6.Come ti immaginavi la tua vita da mamma/papà?
Da un lato la immaginavo meno impegnativa e stancante, anche dal punto di vista fisico. Dall’altro, e questo è l’elemento più importante, non immaginavo che fosse così entusiasmante, totalizzante ed emotivamente così forte. Non credevo che avere un figlio smuovesse sentimenti così intensi anche da cose apparentemente banali come vederli ridere o guardarli mentre dormono.
7.Com'è la tua vita da mamma/papà?
La mia vita da papà è fatta principalmente di quotidianità, credo che vivere il quotidiano insieme abbia una grande importanza per conoscersi e acquisire quella confidenza necessaria in un rapporto tra genitori e figli.   
8.Come vorresti la tua vita da mamma/papà?
Vorrei riuscire a ritagliarmi spazi dedicati alla mia famiglia. Mia moglie ed io amiamo viaggiare e abbiamo cercato di proseguire anche con nostra figlia, ovviamente rimodulando le mete sulle nuove esigenze della famiglia. Un mio sogno è di poter prendere un “anno sabbatico” quando mia figlia sarà più grande per fare un lungo viaggio tutti insieme.       
9.Cosa avresti voluto fare da grande?
Ho sempre avuto particolare sensibilità sui temi sociali, ricordo che da piccolo organizzai alle elementari una raccolta Unicef per la scuola. Complici anche le trasmissioni di approfondimento di diversi anni fa, mi sarebbe piaciuto fare il giornalista d’inchiesta o viaggiare raccontando le mie esperienze. Il mio amore per i libri e per la scrittura continua anche oggi e il blog ne è un esempio.  
10.Mi sapresti dire una cosa che cambieresti del tuo essere mamma/papà?
Vorrei riuscire ad affrontare con maggior leggerezza alcuni aspetti del mio essere papà.  

mercoledì 14 maggio 2014

Scrivere è parlare due volte, anche tre o quattro…


Mi era capitato di rifletterci leggendo le ultime righe di un post di un papà: “Li scrivo qui, questi pensieri sulle maree, perché questo è un posto che non dimenticherò e di cui non perderò traccia. Un luogo che un giorno potranno frequentare anche i miei figli.”
Forse, scavando, anche per me è proprio questa la motivazione. Anche se mia figlia è piccola, è presto per poterle parlare di certi argomenti. Ancora di più, per scriverle qualcosa.
In queste sere sto leggendo il libro “Un’idea di destino” che raccoglie parti dei diari e, soprattutto, le lettere che Tiziano Terzani scriveva alla propria famiglia durante i momenti nei quali era lontano per lavoro. Sbirciando, ho visto che il libro si conclude con la lettera che ha scritto per il matrimonio della figlia Saskia.

Credo che dovremmo prendere l’abitudine di scrivere, almeno ogni tanto. Pensieri, appunti, riflessioni. Sia per l’immediato che per il futuro, per avere l’occasione di rileggere certe nostre sensazioni ed emozioni o, semplicemente, quello che pensavamo in quel momento. La memoria non può assisterci sempre e, molte volte, anche quando lo fa ci può riportare ricordi non completamente veritieri rispetto al passato.
Credo anche che dovremmo provare, almeno una volta all’anno, di scrivere a qualcuno che ci è caro. Ai nostri figli, ai nostri compagni o ai nostri genitori. Immagino momenti particolarmente critici, come l’adolescenza, nei quali parlarsi, e capirsi, può risultare molto difficile.
La parola scritta costringe necessariamente a una concentrazione che un dialogo può non avere. Si tratta di tempi completamente diversi e piani differenti. Questo vale sia per chi scrive che per chi, poi, leggerà.
Credo fermamente nel dialogo tra le persone e una lettera non potrà mai sostituire un confronto, ancorché duro. Allo stesso modo, penso che le due cose siano complementari.
Non c’è bisogno di avere nostalgia di carta e penna, è sufficiente una tastiera e una mail o una stampante.

giovedì 8 maggio 2014

Mia figlia, giovane Gianni Rodari

Durante la fase sempre combattuta che la separa dal sonno, qualche sera fa, nell’ennesima trovata per allungare i tempi di veglia, mia figlia ha iniziato a interrogarmi sulle regole del semaforo abbinate ai colori.
Lei “Rosso?”
Io “Fermi”
Lei “Giallo?”
Io “Piano”
Lei “Verde?”
Io “Avanti”
Per tirarla lunga, con quel sorrisetto uguale a migliaia di bambini ma per me unico al mondo, ha continuato.
Lei “Blu?”
In un lampo mi si è aperto un mondo e mi è tornato immediatamente alla mente il racconto di Gianni Rodari “Il semaforo blu” delle Favole al telefono.
Così mi sono lasciato catturare dal mondo fantastico di mia figlia.
Io “Si vola” (facendo con la mano il gesto dell’aereo che decolla)
Lei (divertita e sorpresa) “Celeste?”
(Ci penso un attimo) Io “Si vola più basso” (facendo con la mano il gesto dell’aereo vicino alle coperte, più basso di prima)
Lei “Verde?”
Ormai sono nel gioco
Io “Verde scuro… si può salire sugli alberi”
Lei (sorpresa) “Verde chiaro”
Io “Si può andare sull’erba”

Adesso è ora di dormire.
Buona notte e sogni d‘oro.

domenica 4 maggio 2014

Il suono di una sola mano che applaude

Qual è il suono di una sola mano che applaude?” è la famosa domanda che si trova nelle "101 storie Zen" che il maestro pone ad un ragazzo che vuole diventare suo discepolo.

Qualche giorno fa c'è stato un applauso che è stato molto più fragoroso del semplice rumore di mani che sbattono insieme. Un applauso che ha voluto sottolineare una presa di posizione.
C'è chi pensa che le Istituzioni debbano sempre apparire senza macchia e perfette. Che qualsiasi problema debba essere gestito internamente secondo la logica che “i panni sporchi si lavano in casa”.
C'è chi pensa che ci siano metodi che si devono usare ma dei quali non si può parlare.
C'è chi pensa che certi comportamenti non possano essere compresi da chi sta di fuori.
C'è chi pensa che i cittadini debbano starsene comodamente seduti in casa, senza occuparsi di quello che qualcuno fa per garantire quella tranquillità.
C'è chi pensa che, beh per 1.200 € al mese... qualche manganellata o calcio in più si possono capire, come sfogo di frustrazioni personali.
Io non sono tra questi.
Sono sempre stato contrario a qualsiasi forma di corporativismo acritico o di omertà. 
Ho sempre creduto che la verità debba essere perseguita perché da considerare la sola via.
Che non si possa chiudere un occhio su certi metodi pensando di avere garantita una maggiore serenità.
Che non si debba girarsi a guardare dall'altra parte.
Che sia pericoloso cercare di trovare una giustificazione partendo dal livello di salario, dagli scatti di anzianità che non ci sono e dallo stress vissuto quotidianamente. 
Non vorrei arrivare al punto che mia figlia fosse malmenata all'asilo da maestre stressate dalla gestione di bambini piccoli e con il magro stipendio della pubblica amministrazione. Anche perché non posso non pensare ai giovani qualificati ma disoccupati che ci sono in Italia o a chi lavorando alla ricerca ha stipendi bassi e un futuro da precario.

Mi sento vicino ai familiari che, oltre a dover affrontare episodi personali drammatici, devono trovare la forza per portare avanti, molte volte da soli, la ricerca di verità e giustizia non contro le Istituzioni ma contro singoli individui non degni di rappresentarle.