martedì 20 novembre 2012

Poveri padri, a cercare di risolvere anche un “paradosso”.


Leggendo l'interessante libro "Il gesto di Ettore" di L.Zoja ho scoperto che i papà si trovano a dover gestire anche il cosiddetto “paradosso del padre”. Cito testualmente "Di regola la madre sarà valutata come madre per quello che fa con il figlio: compito grande, certo, ma chiaro e identificabile. Invece il padre non è padre solo per quello che fa con il figlio, ma anche per quello che fa con la società: e le leggi che regolano questi due spazi di azione non sono le stesse.
Lo stesso Freud racconta di un episodio accaduto nella vita del padre che minò il ruolo di modello del genitore.
"Un giorno Jacob Freud, stava passaggiando per Freiberg. Era ben vestito e portava un berretto di pelliccia nuovo. A sua volta, si trovò davanti un uomo. La situazione era imbarazzante: il marciapiedi, a quei tempi, era spesso uno stretto camminamento, tanto per evitare la superfiecie fangosa della strada. Jakob accennò ad un nuovo passo, ma con timidezza perché non ne faceva una questione di principio. L’invasore più veloce e, animato evidentemente da una certezza di superiorità, gli buttò il berretto nel fango, gridando: “Giù dal marciapiede, ebreo!”. Raccontando l’episodio al figlio, a questo punto si fermò. Ma il piccolo Sigmund lo incanzava perché, per lui, proprio qui veniva la parte più interessante del racconto. “E tu cosa hai fatto?” Con calma, il padre, rispsose: “Sono sceso dal marciapiede ed ho raccolto il berretto”.
 
Sembra, quindi, che per la figura del padre conti molto non solo il rapporto che instaura con i propri figli  “tra le quattro mura di casa” ma anche quella che potrei definire la sua “proiezioni” sulla società esterna.
Credo che una riflessione sul posto che il proprio padre occupa nella società sia normale e che tutti, in vari momenti della vita, l’abbiano fatta. Si tratta, comunque, di una valutazione soggettiva che dipende fondamentalmente dalla propria scala di valori, quella che ci è stata trasmessa e quella che ci siamo costruiti nel corso degli anni.
 
Sono convinto che occorra cercare di superare qualsiasi tentazione edonistica che potrebbe indurci a dare di sé una visione vincente a tutti i costi. Sarebbe troppo facile impressionare positivamente i bambini piccoli. Mai come in questo caso le bugie avrebbero le gambe corte, con gli anni le maschere cadono inevitabilmente.
Cercare di fingersi diversi da quello che si è sbagliato per ogni rapporto umano, figuriamoci nella crescita dei propri figli.
 
Penso che l'unica soluzione possibile sia il dialogo. Parlare, confrontarsi ed ascoltare.  
 
Che ne pensate, sia come genitori che come figli?
 

2 commenti:

  1. Temo che il ragionamento valga per il padre come per la madre. Come i genitori si rapportano con il resto del mondo è di esempio per i figli (o meno). Forse una volta (ma neanche troppo tempo fa) la madre era tale e basta. Oggi non è così. Sul fingersi quello che non si è non credo sia possibile completamente. I miei figli mi beccano subito se non sono autentica e io cerco di esserlo anche se qualche volta non mi conviene.
    Sul parlare con me sfondi una porta aperta! Sono logorroica: il dialogo deve essere l'unico canale sempre aperto con loro fin da piccoli!

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    1. Il dialogo deve essere coltivato, non si può pretendere di averlo. E' qualcosa al quale ci si abitua sin da piccoli.

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