lunedì 22 aprile 2013

Contest "Se tu guardassi con il cuore..."

 
Questo post partecipa al Contest "Se tu guardassi con il cuore oltre la disabilità" del blog COLORIDELLAMORE.

Domenica scorsa avevano organizzato delle bancarelle e dei giochi per i bambini. C’era un enorme gonfiabile a scivolo, la parte dedicata alla salita era molto ripida e non era per niente facile arrampicarmi. Il gioco era gratuito e c’era una ressa di bambini che salivano e scendevano in continuazione. Sono riuscito a convincere mia figlia a non salire perché ancora troppo piccola con i suoi trentadue mesi e con la sua esile corporatura. Di solito sono molto più ardito nei giochi con lei, ci arrampichiamo, saltiamo ma la ressa di bambini molto più grandi di lei non mi faceva stare tranquillo. Ci siamo messi in fondo alla discesa per vedere i bambini che salivano e scendevano insieme agli altri genitori. 
 
C’era un bambino grandicello che provava a salire ma, tra la folla dei bambini che si muoveva sul materasso e la salita molto ripida, non riusciva ad andare oltre i primi due della lunga fila di rigonfiamenti che rappresentavano gli scalini. Il bambino guardava dispiaciuto la madre che dolcemente cercava allo stesso tempo di incoraggiarlo per dargli fiducia e di consolarlo per il mancato successo.
Nel mezzo a quella confusione di bimbi vocianti e saltellanti, vedere quel bambino, i cui tratti del viso me lo facevano individuare come “speciale” in mezzo a quel mucchio di bambini, mi ha fatto provare diversi sentimenti, come genitore e come persona.

Non ho potuto non pensare alle difficoltà che dovranno affrontare lui e i suoi genitori, agli ostacoli che si troverà a dover superare e ai limiti che dovrà accettare. Sembra un discorso che vale per tutti, e così lo è, ma per lui forse varrà più degli altri.
Avrei voluto togliermi le scarpe e dargli la mano per aiutarlo a salire o per mostrargli come fare. Ma non l’ho fatto. Forse non era il caso, in quel momento. Forse non ero il caso che lo facessi io, un estraneo.
Come non l’ho fatto con mia figlia, che mi aveva chiesto di salire insieme. Perché tutti i bambini erano più grandi e non erano accompagnati dai genitori e la struttura non era adatta agli adulti. Perché avrei creato ulteriore confusione, rischiando proprio io di fare male a qualcun altro.
 
Non so se altri genitore abbiano colto questa scena e se abbiano fatto questi miei stessi pensieri.
Non li ho condivisi con altri. Se non attraverso questo post in occasione del contest. Ho pensato a una “strana coincidenza” e ho scritto quello che avevo in mente.
Mi sono reso conto che non potevo guardarlo come gli altri bambini, non riuscivo a non fare quelle riflessioni. Chissà perché. Forse perché dietro al mio sguardo c’era una mente che elaborava, che proiettava nel futuro ma anche nel quotidiano, che pensava a quello che gli sarebbe aspettato negli anni a venire.
Forse se avessi potuto guardare con il cuore avrei visto cose diverse? Non lo so, sicuramente c’era tanto cuore anche in quello che pensavo. Ma anche tanta razionalità.
 

14 commenti:

  1. Con questa tua riflessione hai colto in pieno il fulcro centrale. Ti sei soffermato all'insuccesso e avresti voluto fare, tanto di cappello perchè hai avuto un pensiero razionale nel cuore, ma non sei andato oltre. Vedi la mamma lo ha lasciato fare e non è accorsa perchè ogni bambino speciale è speciale come tutti gli altri, seppure in modo diverso e con il supporto dei genitori, con più tranqquillità fra un pò si arrampicherà esattamente come gli altri. la diversità sta nel fatto che quei genitori dovranno faticare un tantino in più di altri genitori le cui tappe dei figli arriveranno in modo naturale. I enitori di quei bimbi hanno imparato ad amare in un modo diverso, adatto a quel figlio, con occhi che vanno oltre il cuore! Grazie per la partecipazione

    RispondiElimina
  2. Proprio perché hai guardato con il cuore, hai visto quello che ci hai raccontato. Credo che la mancanza di intervento della madre, sia stata voluta, magari dentro di lei gridava, ed avrebbe voluto far scendere tutti gli altri, per aiutare su figlio a salire, di sicuro le e' costato molto non farlo ma così facendo ha guardato OLTRE e lui, il suo bambino, magari non in quella occasione, ma in una futura, arriverà in cima come un razzo e scivolerà giù felice.
    Mi hai commosso.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, la mamma è riuscita ad avere un il giusto comportamento per la situazione.

      Elimina
  3. Sicuramente la mamma come tutte le altre che guardavano loro figlio voleva lasciare che provasse a salire come gli altri. Il cuore di noi mamme e' grande con i nostri figli, speciali perché nostri.

    RispondiElimina
  4. L'avremmo fatto anche noi con i nostri figli "speciali" o "non" non fa differenza. Non intervenendo gli comunichiamo che possono farcela da soli perchè tutti sono speciali a modo loro. I bambini sono un mondo meraviglioso ma i bambini down lo sono ancor di più!

    RispondiElimina
  5. Ciao, arrivo qui proprio grazie al contest di Antonella, a cui anche io ho partecipato con un mio post giusto ieri.

    Sai, mi sono molto emozionata leggendo il tuo racconto, perchè mi sono ricordata di quando ad ottobre del 2010 fa portammo (io e mio marito) la nostra monella ad una festa del paese in cui avevano montato dei giochi e c'erano anche i famosi gonfiabili tanto amati dai bambini.
    La mia monella ha un disturbo pervasivo dello sviluppo rientrante nello spettro autistico e, anche se ora è migliorata tanto, all'epoca aveva poco più di 3 anni ed era notevolmente impacciata nei movimenti, macchinosa e poco agile rispetto ai suoi coetanei.
    Di solito non aveva mai voluto provare a salire su quei giochi, ma quella volta indicò col dito che voleva andare (non parlava ancora all'epoca) e noi la lasciammo provare, pur temendo un insuccesso. E infatti...lei dopo vari tentativi riuscì a salire i primi gradini poi il percorso era più difficile e lei non sapeva come fare e mi guardava...io le dissi solo "Prova ancora e se non riesci non importa, scendi e ci riuscirai la prossima volta che verremo", ma dentro me avrei voluto correre, sollevarla, aiutarla spingendola per arrivare sulla cima dello scivolo. Non sai quanto mi sia costato quel non fare nulla, ma restare lì solo a incoraggiarla e poi a consolarla quando non ci è riuscita ed è tornata da noi un pò triste. Però volevo che capisse che non era diversa dagli altri, che come gli altri bimbi poteva farcela da sola, anche se magari ci avrebbe impiegato un di tempo e di fatica in più.
    Ottobre 2011: stessa festa, stesso gioco gonfiabile. La monella insiste per provare (non parla ancora), quindi va e riesce a salire fino in cima stavolta ma scende per lo scivolo in modo un pò maldestro, a testa in giù (facendoci anche spaventare un pò, ma senza danni, per fortuna!). Non sai la sua soddisfazione quando è tornata da noi con i capelli scompigliati!
    Ottobre 2012: stessa festa, stesso gioco gonfiabile. La monella ora parla e dice "Voglio salire!". Parte spedita, si arrampica con sveltezza e scivola giù perfettamente seduta, ridendo a crepapelle. E lo fa più volte di seguito finchè ha fiato.
    Ci è riuscita da sola. Lo ha fatto a 5 anni invece che a 3 ma la sua gioia è stata tale da avermi ripagato per il magone e il velo di tristezza che mi aveva avvinto il cuore due anni prima!!!

    Scusa se ti ho annoiato con questo aneddoto, ma scriverlo mi ha fatto bene: mi ha fatto ricordare un'ennesima volta che ogni bambino è unico, è speciale a suo modo e ha i suoi tempi, al di là del tipo di disturbo o malattia o altro. E che i traguardi raggiunti con maggiore impegno sono senza ogni dubbio i più belli!!!

    Un caro saluto!
    Tornerò a leggerti di certo e, se vorrai, ti aspetto da me :-)

    RispondiElimina
  6. Grazie per questo racconto, mi piace l'idea che un post raccolga il pensiero di più persone come in una piazza virtuale.

    Credo che sia importante spronare tutti i bambini a raggiungere in modo graduale i loro traguardi senza chiedere troppo, rispettando i loro ritmi e caratteristiche e, soprattutto, senza intervenire per spianare da subito la loro strada. E' meglio un traguardo raggiunto da soli più tardi che uno ottenuto solo per l'aiuto dei grandi.

    RispondiElimina
  7. La pazienza è ciò più occorre sviluppare quando hai vicino un bambino "speciale". E si tratta di te e delle tue aspettative non delle sue, si tratta dell'allontanarti da ciò che vedi succedere attorno e di dare un valore nuovo ad ogni momento.
    Per me non è stato facile, non lo è neppure adesso. Però quando senti nascere dentro di te il potere dell'accettazione, ecco quello è un momento meraviglioso.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Verissimo, si tratta delle nostre aspettative.
      I nostri figli sono, saranno, persone che non abbiamo scelto, con proprie caratteristiche e gusti.

      Elimina
    2. Marzia scusa se mi intrometto. Non sarà mai facile, almeno parlo per me. Aspettare quello step che tarda ad arrivare è qualcosa che ti estenua, logora piano piano. Poi ti rendi conto che tu figlio è speciale ed unico e tutto l'amore scaccia paure e dubbi. E aspetti che lo step arrivi, fino al prossimo scivolone

      Elimina
  8. ciao a tutti e ancora complimenti Babboonline.. la pazienza si dice che è la virtù dei forti, io ritengo che i genitori dei bimbi disbili siano forti, molto forti, ma la pazienza chissà perchè scappa sempre. E'insito nell'essero umano voler avere subito risposte e voler avere risultati, ma con l'esperienza ho imparato che tanto arrivano sempre enrambe e che quando arrivano danno la felicità. E' aspettare con trepidazione un qualcosa che sai ti porterà sulla luna, basta crederci

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie.
      Ogni bambino ha i suoi ritmi, anche se molte volte i genitori vorrebbero accelerare certi processi.

      Elimina