lunedì 4 novembre 2013

Lo zen e l'arte di accompagnarla alla materna


Un famosissimo libro di quasi 40 anni fa prendeva spunto dalla domanda se ci fosse differenza tra chi viaggia in motocicletta sapendo come funziona la moto e chi non lo sa. Tra le tantissime profonde riflessioni presenti nel racconto, tra quelle un po’ più di superficie ricordo che per garantire la qualità della manutenzione non è sufficiente il libretto delle istruzioni. E che solo un meccanico che tenga al proprio lavoro sia in grado di trovare una soluzione ai problemi perché si baserà sulla sua esperienza passata e non vedrà una piccola vite come singolo elemento ma come parte di un tutto.
 
Allo stesso modo mi troverei veramente in difficoltà nello scrivere delle istruzioni per chi dovesse occuparsi della sveglia e della preparazione di mia figlia per la materna.
Perché non ci sono nessi causa-effetto, se non solo in apparenza, o certezze di comportamenti o di reazioni che possano garantire gli obiettivi di un buon risveglio e un ingresso sereno a scuola.

Ogni mattina c’è qualcosa di lievemente diverso. Magari un brutto sogno, non così presto da poter ripiombare nel sonno ma neanche così vicino all’ora della sveglia per alzarsi e iniziare a prepararsi, o risvegli disperati perché il pupazzetto della nanna non è più nel letto. All’opposto, mattinate nelle quali qualsiasi cosa, neanche una sirena dei pompieri, sembra riuscire a farle aprire gli occhi.
Volte nelle quali la prima parola che dice è “Latte” contro altre che ne rifiuta anche la vista pur finendo in entrambi i casi a berlo tutta contenta.
Mattine in cui qualsiasi vestito va bene contrapposte ad altre nelle quali occorre riuscire a convincerla che quella felpa non è così brutta.
Ingressi al nido con un saluto di sfuggita correndo verso la stanza con i giochi e le amichette e altri nei quali ci vuole un abbraccio forte forte e due baci, uno grande e uno piccolo, per darle la forza di entrare.
Interpretare un suo “Sì” o “No” o un suo comportamento diventa come trovare un motivo a quel rumorino nel motore. Non si può spiegare.
Solo conoscendola e vivendoci insieme si riesce a trovare al volo la scelta che rappresenta una delle soluzione che permette di ripartire. Perché non c’è “la soluzione”, non c’è “il modo”. C’è una o più soluzioni che vanno bene per lei e per quel momento ma che non è possibile definire a priori.

Ho cercato e ricercato dal ritorno dall’ospedale ma non c’erano libretti di istruzioni per il modello che avevo, particolare e unico come ogni bambino. Non avrebbe neanche senso mettersi a scriverlo. Sarebbe solo tempo perso.

4 commenti:

  1. Mi fai riflettere, questa settimana il papà è in ferie e ci accompagna all'asilo, di solito lo faccio io e quindi questa figura in più a destabilizzato non poco la routine. I bambini sono contenti, io un po' meno che devo spiegare ogni gesto, ogni dettaglio e come dici tu non è così semplice.

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    1. Modificare la routine ha sempre le sue conseguenze... ma per un papà in ferie si può fare :D

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  2. Un libro meraviglioso quello!!! Lo adorai pur forse non comprendendolo a fondo sil piano filosofico e sicuramente meccanico. C'è un post in cui gli rendo omaggio.

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    1. Lo sto leggendo per la seconda volta, piano piano. Neanche io credo di riuscire a comprenderlo in pieno.
      Mi piace l'idea del viaggio insieme al figlio. Viaggiare con qualcuno è un modo fantastico per conoscersi a fondo.

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