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giovedì 28 gennaio 2016

Anche mamma e papà sono stati bambini

Mia figlia è molto incuriosita dalla nostra vita prima della sua nascita. Ad esempio dei viaggi fatti e delle città visitate. Ma ancora di più dal fatto che anche il suo babbo e la sua mamma sono stati bambini.
Così qualche giorno fa abbiamo provato a fare un salto nel passato. Ho anche chiesto ai miei genitori che ci inviassero alcune foto in cui io sono piccolo e loro giovani. Ebbene sì, esistono anche la posta non elettronica e le foto non digitali. 

L’ho vista quasi emozionata dall'avere sotto gli occhi la testimonianza che i suoi genitori sono stati bambini e i nonni sono stati giovani.
Ad essere sincero, anche per me c’è stata un po’ di emozione. Nel ricomporre nella mia memoria i volti dei miei nonni, che il tempo stava un po’ sbiadendo. Nel vedere i miei genitori con molti anni in meno sorridere insieme a me davanti alla torta di uno dei miei primi compleanni. 
La classica foto che tutti hanno avuto, e che tutti avranno, e che sembra rappresentare, al di là dei tempi, che tutti i momenti felici si assomigliano (parafrasando Tolstoj).     

sabato 8 agosto 2015

Quelle terribili minacce dei genitori che funzionano solo perché i bambini non sanno che sono irrealizzabili

In spiaggia sento continue minacce dei genitori per far uscire i bambini dall'acqua. Un classico. Dopo l'ennesimo “ultimo tuffo e arrivo”, che non è mai veramente l'ultimo, l'arma utilizzata è quella della prospettiva di un castigo imminente.
Esci, altrimenti poi non ti compro il gelato!” per chi punta sull'aspetto goloso.
Esci, altrimenti poi ti senti male” per chi punta sulla salute.
Esci, altrimenti poi vedrai” per chi vuole lasciare all'immaginazione dei figli.
I più disperati sfruttano la strategia del terrore e arrivano a usare minacce che suonano terribili solo perché i bambini non sanno che sarebbero irrealizzabili.
Esci, altrimenti torniamo subito a casa!”.
Mi immagino chi magari ha fatto più di cinque ore di auto, lasciando l'asfalto bollente della città, per arrivare in una località di mare per le sue sole due settimane di ferie estive.
Io li sento e rido sotto i baffi. Quasi quasi vado lì e spiffero la verità ai bambini.
Poi guardo mia figlia saltare a riva sulle onde, penso che tra poco dovrò dirle che è ora di venire ad asciugarsi e prevale su tutto la solidarietà tra genitori.

martedì 9 giugno 2015

Quella paura dei genitori per la sensibilità dei figli

C’è un nuovo spauracchio che circola ultimamente tra i genitori. Non è una mia particolare percezione, ne sento proprio parlare: il timore dei genitori nei confronti della sensibilità dei figli. Se ne parla sempre in un’accezione negativa, come di un possibile problema per il futuro.
Leggiamo ai nostri figli libri che trattano la diversità e la ricerca delle proprie caratteristiche, li portiamo a vedere film che dovrebbero mostrare l’importanza di seguire la propria personalità ma poi quando chiudiamo il libro o quando usciamo dalla sala, se non già ai titoli di coda, pensiamo già di tornare alla vera realtà.     
Inutile nascondersi, dobbiamo affrontare il nostro quotidiano. Spiace dirlo, ma sono in particolare i papà a toccare questo argomento, specialmente se hanno un figlio. Ahimé, si potrebbe dirla usando le parole della famosa canzone Father & Son “E' sempre la stessa vecchia storia”. Sempre lo stesso vecchio contrasto tra come vorremmo che fossero i nostri figli e come sono, o saranno, veramente.   
La sensibilità sembra un campanello d’allarme che suona nelle orecchie dei genitori per avvertirli di una futura debolezza o incapacità di farsi rispettare. Alcune volte mi capita di sentire genitori dire, quasi come se si scusassero: “Sai, è un po’ timido”.

Credo che come adulti stiamo vivendo in modo molto forte, forse troppo, la percezione di un mondo ostile, di una società diventata ormai a beneficio del “più forte” e del “più furbo”. Un mondo nel quale, finito il tempo dell’associazionismo di vario livello e tipologia nel quale era più facile sentirsi parte di un gruppo solidale, conta ormai solo l’individualismo. Sembra che il motto dominante sia “morte tua, vita mia”.
In un momento storico in cui i posti di lavoro sono pochi e molto spesso precari, sentiamo che la corsa al proprio posto al sole debba essere senza esclusioni di colpi e, una volta raggiunto, da difendere con le unghie e con i denti.

Così, con una visione un po’ schizofrenica, vorremmo che i nostri figli fossero:
  • educati, quanto basta per non sfigurare nel nostro ruolo di genitori, ma sfrontati nelle occasioni giuste.
  • leader con i compagni ma non ribelli, così da non avere pensieri quando sono fuori casa.
  • bravi studenti a scuola ma non i primi della classe per non essere additati come “secchioni”.
  • non particolarmente paurosi ma neanche con disprezzo del pericolo.
  • con il loro carattere ma in linea con le nostre aspettative.
Ma come sono, e come saranno, i nostri figli?

lunedì 11 maggio 2015

Alcuni modi per uscire dalla cameretta di vostro figlio quando si è appena addormentato

Il sistema antiuscita a infrarossi di mia figlia
Chi ha bambini sa quanto sia difficile uscire dalla loro stanza dopo che si sono appena addormentati. 
Sembra, quasi, che abbiano un piccolo pulsante, nascosto chissà dove nel loro letto, che premono appena sentono che gli occhi si stanno per chiudere. Il congegno attiverebbe un sistema di rilevazione a infrarossi davanti alla porta della loro camera per controllare che tu non esca.  
Basta il minimo rumore come lo scrocchiare delle ginocchia, un lieve cigolio del parquet o semplicemente struciare lungo il muro per vedere aprire improvvisamente gli occhi come se fosse appena scoppiata una bomba a pochi centrimenti dal loro cuscino.
Nel giro di qualche secondo scopri se sei stato scoperto perché senti una vocina stizzita che ti richiama all’ordine: “Babbooooooo” o “Mammaaaaaaa”.
Non puoi considerare passato il pericolo neanche dopo essere uscito dalla stanza. Sembra che riescano a percepire lo spazio vuoto occupato dal tuo corpo fino a pochi minuti prima.

Credo che ogni genitore sviluppi proprie teniche di allontanamento dal letto dei propri figli nel modo più silenzioso possibile.
Mi sono divertito a individuare alcune modalità che permettono di uscire dalla cameretta minimizzando i possibili rumori: 
  • la modalità “vogatore”: chi sta seduto accanto al lettino può uscire rimanendo in quella posizione e spostandosi con l'aiuto delle gambe e delle braccia come si fa con il vogatore.  
  • la modalità “gobbo di Notre-Dame”: uscire camminando con la schiena e le gambe piegate pensando che la posizione curva sia più silenziosa di quella eretta. 
  • la modalità “mimo”: uscire dalla stanza compiendo i normali movimenti ma a rallentatore. 
  • la modalità “moonwalker”: provare a uscire camminando all’indietro guardando il bambino. Questo permette di percepire eventuali movimenti delle sue palpebre per fermarsi al primo movimenti evitando che li apra definitivamente. 
  • la modalità “passo del giaguaro”: uscire distesi a pancia in giù, al di sotto della linea del letto, riducendo al minimo le probabilità di essere intercettati. Tratta dalle tecniche di addestramento militare, in questo caso è proprio una “guerra” per il sonno. 
  • la modalità “Matrix”: superare le leggi conosciute della fisica per fare movimenti veloci senza fare alcun rumore, riuscendo anche a fermarsi a mezz'aria. Non tutti possono raggiungere questa tecnica. Leggenda vuole che, al di là dell’impegno, sviluppino certe capacità solo i genitori di gemelli numerosi (dai quattro in su).
Ah, quasi dimenticavo. Un ultimo consiglio preziosissimo: mai e poi mai sedersi sul loro lettino o, ancora peggio, sdraiarsi. Perché in quel caso, prima di usare le tecniche appena illustrate, dovrete alzarvi dal loro letto. E non potete rendervi conto di quanti rumori fareste.

lunedì 20 aprile 2015

“I bambini sanno” e “I bambini pensano grande” ma non sono dei piccoli guru

C’è molta attenzione nei confronti del mondo dei bambini, lo testimoniamo i tanti libri e blog. Recentemente il docufilm “I bambini sanno” e il libro “I bambini pensano grande” hanno acceso un riflettore e, soprattutto, un microfono sul mondo dei bambini dando loro visibilità e voce.
C’è il rischio, però, che si guardi ai bambini come a degli idiot savant, che noi consideriamo non al nostro pari ma che, per chissà quali ragioni, possono darci risposte illuminanti. O che si sfoci nel mito del “buon selvaggio”, in questo caso del “buon bambino”, secondo il quale i bambini sono intrinsecamente buoni non essendo ancora corrotti dalla società e dal mondo degli adulti.
Credo che sia emblematica la frase detta da uno dei protagonisti e inserita nella locandina del film: “Spero che lo vedano i nostri genitori, così ci capiranno meglio” che denuncia il fatto che i genitori ascoltano poco i figli. Chi legge il libro o vede il film si rende conto di quanto hanno da dire i bambini, senza che questo debba necessariamente tradursi in perle di saggezza e senza farne dei giovanissimi guru. E’ un messaggio indirizzato soprattutto a chi ha a che fare con loro quotidianamente: genitori sempre di corsa e troppo impegnati a dare un futuro ai propri figli, o insegnanti pressati da programmi da rispettare, per avere anche il tempo di ascoltarli.
Penso che l’obiettivo principale di queste opere, o almeno quello che gli attribuisco io, sia di sensibilizzare gli adulti a un maggior rispetto e ascolto nei confronti del mondo dei bambini qualsiasi cosa abbiano da dirci e senza aspettarci necessariamente spiegazioni sul senso della vita. Un ascolto che non sia passivo ma che si traduca in un dialogo tra generazioni perché, diversamente dai bambini, sono gli adulti ad avere gli strumenti per costruire e modificare la società in cui vivono.
Sarebbe interessante sentire cosa avranno da dire tra dieci anni gli stessi bambini intervistati oggi da Veltroni.