Family, Ties and Care.
Mi
fa piacere vedere che negli ultimi anni stiano aumentando
in ambito europeo ricerche su questo tema con l'obiettivo di
costruire un contesto che favorisca una maggiore partecipazione dei
papà alla vita dei figli sin dalla nascita. La mia speranza è di
non vedere più l'Europa solo come causa di restrizioni economiche
(sacrifici in nome de “l'Europa che ce lo chiede”) ma anche come
motivo di progresso sociale per tutti gli Stati membri.
Tra
le riflessioni che emergono dai tanti studi, nate confrontando
tra le esperienze di diversi Paesi, mi è sembrata particolarmente
interessante quella riguardante la
“conciliazione tra lavoro e vita familiare”
(work-life
balance)
in relazione allo scostamento
tra teoria e pratica e tra desideri e realtà (Hobson B. and Fahlen S. “Father's Capabilities for Care: An
European Perspective” in Family, Ties and Care).
Benché
la maggioranza dei padri ponga come uno dei principali obiettivi
la conciliazione tra lavoro e famiglia, guardando il dato oggettivo
delle ore lavorate a settimana si nota una discordanza tra il
comportamento tenuto e quanto dichiarato.
Approfondendo
la questione, emerge che la
partecipazione attiva alla vita familiare da parte dei padri avviene
quando effettivamente c'è la libertà di fare questa scelta.
La
libertà di un individuo di scegliere una certa modulazione di orario
di lavoro dipende dalla percezione di avere un lavoro stabile e
caratterizzato da una certa sicurezza. Considerando il periodo di
crisi che stiamo vivendo da diversi anni, la precarizzazione del
mondo del lavoro, il lato negativo della flessibilità che obbliga
a essere sempre disponibili di fronte alle richieste lavorative,
sembra
quasi che,
da
un certo punto di vista,
“fare il padre” sia una libertà, quasi un lusso, che pochi si
possono permettere.
Probabilmente quelli con un livello di istruzione più elevato, che
hanno un lavoro sicuro e con certe garanzie.
L'esperienza
di alcuni Paesi dimostra che il contesto istituzionale può servire
per far aumentare questa percezione di sicurezza e stabilità,
favorendo una riduzione delle ore di lavoro a vantaggio di quelle
dedicate alla famiglia. Se, ad esempio, il congedo parentale maschile
fosse percepito come un diritto sociale e compensato con un'alta
percentuale del salario normalmente percepito, ci sarebbe un impatto
significativo nello spettro di scelte a disposizione dei padri.
C'è
da dire, comunque, che le statistiche dimostrano che alcune scelte
lavorative, come ad esempio il part-time, sono, in pratica,
esclusivamente usate dalle donne. Questo non dipende dalle
caratteristiche del mondo del lavoro ma da una cultura
dell'organizzazione del lavoro che, in passato e oggi, ha assunto un
modello di uomo come principale fonte di sostentamento economico della famiglia (full-time male breadwinner model).
I cambiamenti culturali sono più difficili da ottenere rispetto a una nuova legge, o comunque, il processo è molto più lento.
Un
ringraziamento speciale per i testi a:
Lisa
Petzold (budrich
academic, Verlag
Barbara Budrich, Budrich
UniPress Ltd)
Nota.
Per la prima volta, questo post sarà pubblicato anche in una breve
versione in inglese. Questa mia scelta deriva dal fatto che i testi di
riferimenti sono in inglese ma, soprattutto, per permettermi di
allargare la discussione anche in altre Community in Rete di altri
Paesi.
lo stesso si può dire al contrario per il lavoro delle mamme: "sembra quasi che, da un certo punto di vista, lavorare per una mamma sia una libertà, quasi un lusso, che poche si possono permettere. Probabilmente quelle con un livello di istruzione più elevato, che possono aspirare a un lavoro sicuro e con certe garanzie". sarà una coincidenza se le due cose vanno di pari passo?
RispondiEliminaSono d'accordo, favorire il lavoro delle mamme passa necessariamente attraverso un maggior coinvolgimento dei padri nella vita dei figli.
EliminaGià l'ho sostenuto in questo post
http://www.babbonline.blogspot.it/2013/06/brave-father-for-brave-world.html
Conosci bene la nostra scelta di conciliazione
RispondiElimina, ma la riassumo comunque. lavoriamo entrambi fulltime, non era possibile avere un partime all 80 o 90%, lo accompagna lui, lo vado a prendere io. Così tutti facciamo 8-9 ore di lavoro/nido. Il piccolo (19 mesi) resta a casa mercoledì, la mattina col papà, il pomeriggio con me. Ho negoziato parecchio col papà perchè accettasse. Diciamo che con l'espatrio c'erano un po' di cose da negoziare su più fronti. Però sempre aleggia il fantasma che non sia proprio convinto di questa scelta.
Giusto ieri la confessione:è felice così. È contento l
Sto progettando di fargli un a sorta di intervista, ho hisogno di ricordarmi che gli va bene così.
(Accetto suggerimenti per le domande)
L'idea del mamadag/papadag è veramente interessante.
EliminaVerissimo, ogni tanto abbiamo bisogno di sentire dire certe cose.
Per le domande, ne avrei tante...