mercoledì 14 maggio 2014

Scrivere è parlare due volte, anche tre o quattro…


Mi era capitato di rifletterci leggendo le ultime righe di un post di un papà: “Li scrivo qui, questi pensieri sulle maree, perché questo è un posto che non dimenticherò e di cui non perderò traccia. Un luogo che un giorno potranno frequentare anche i miei figli.”
Forse, scavando, anche per me è proprio questa la motivazione. Anche se mia figlia è piccola, è presto per poterle parlare di certi argomenti. Ancora di più, per scriverle qualcosa.
In queste sere sto leggendo il libro “Un’idea di destino” che raccoglie parti dei diari e, soprattutto, le lettere che Tiziano Terzani scriveva alla propria famiglia durante i momenti nei quali era lontano per lavoro. Sbirciando, ho visto che il libro si conclude con la lettera che ha scritto per il matrimonio della figlia Saskia.

Credo che dovremmo prendere l’abitudine di scrivere, almeno ogni tanto. Pensieri, appunti, riflessioni. Sia per l’immediato che per il futuro, per avere l’occasione di rileggere certe nostre sensazioni ed emozioni o, semplicemente, quello che pensavamo in quel momento. La memoria non può assisterci sempre e, molte volte, anche quando lo fa ci può riportare ricordi non completamente veritieri rispetto al passato.
Credo anche che dovremmo provare, almeno una volta all’anno, di scrivere a qualcuno che ci è caro. Ai nostri figli, ai nostri compagni o ai nostri genitori. Immagino momenti particolarmente critici, come l’adolescenza, nei quali parlarsi, e capirsi, può risultare molto difficile.
La parola scritta costringe necessariamente a una concentrazione che un dialogo può non avere. Si tratta di tempi completamente diversi e piani differenti. Questo vale sia per chi scrive che per chi, poi, leggerà.
Credo fermamente nel dialogo tra le persone e una lettera non potrà mai sostituire un confronto, ancorché duro. Allo stesso modo, penso che le due cose siano complementari.
Non c’è bisogno di avere nostalgia di carta e penna, è sufficiente una tastiera e una mail o una stampante.

6 commenti:

  1. Con me sfondi una porta aperta... anzi, un portone! ;-)

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  2. Inutile dire che la penso proprio come te ... io scrivo tantissimo! E il blog è solo la punta dell'iceberg, scrivo a mio figlio, ai miei genitori, agli amici, ecc. Le parole scritte hanno per me un potere catartico, fanno bene e non ci rinuncerei mai, seppure il dialogo sia insostituibile.
    Ogni tanto penso se mai un giorno mio figlio leggerà quanto ho scritto in questi anni della nostra storia, dei nostri momenti belli e meno belli, del mio amore e della mia fatica. Credo che alla giusta età potrà trarne qualche spunto e soprattutto capire chi fosse sua madre, con i lati buoni e quelli pessimi, e quanto amore ci abbiamo messo nel stargli accanto.
    A me sarebbe piaciuto conoscere meglio i miei genitori, nell'età in cui ero bambina io e giovani adulti loro, forse sarebbe stato più facile comprenderli.

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    1. Credo che tuo figlio, rileggendoti, riuscirà a capirti meglio e a capire certe sensazioni che a distanza di anni è difficile far rivivere attraverso le parole.

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  3. Anche per me scrivere è una cosa bellissima, ecco perchè mi spaventa quando il meccanismo si inceppa. Purtroppo si inceppa spesso

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    1. Io mi stupisco, ma mi offre una spinta benefica, leggendo delle difficoltà di scrittori famosi che raccontano di aver arrancato per concludere un capitolo, di essersi arenati per un periodo, addirittura di trovare scuse con altre cose da fare per non mettersi a scrivere (ultime in ordine di tempo le lettere di Terzani che sto leggendo).
      Forse, da inesperti, pensiamo che i grandi autori si siedano alla scrivania e buttino giù un libro e la scrittura sia una specie di flusso che scorre (come ogni tanto effettivamente qualcuno racconta).
      Quindi non preoccuparti se il meccanismo si inceppa, spesso o no.

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